Ellsworth Kelly nel libro di matematica
Cosa sono quelle strane forme colorate sui libri di matematica di Zanichelli?
La casa editrice mi ha chiesto di scrivere una breve descrizione che in un migliaio di battute possa illustrare questi oggetti misteriosi.
Facile a dirsi! Perché quelle sono opere di Ellsworth Kelly, un grande artista americano, nato nel 1923 e scomparso alla fine del 2015, di quelli astratti-astratti.
Sono quadri, dunque. E anche belli grandi!
E come faccio a raccontare questi curiosi dipinti che tutto sembrano meno delle opere d’arte? Proviamo a scoprirlo facendocelo spiegare direttamente da Kelly.
Esploro la natura costantemente, intendendo per natura ogni cosa.
Tutto, dunque, comincia dall’osservazione della realtà. Non si direbbe, visto che le sue opere sono completamente astratte! Lo svelano, però, i suoi infiniti disegni, soprattutto di piante, nei quali le forme sono catturate in modo esatto con una decisa linea di contorno o una sintetica pennellata nera.
D’altra parte, per un artista che si è formato negli anni ’40 alle classiche scuole d’arte di Boston e Parigi, non è affatto anomalo un approccio alla pittura basato sul tradizionale disegno dal vero. Le sue forme, quindi, anche le più schematiche, non partono dalla volontà di rappresentare oggetti matematici, quanto di cogliere le forme che osserva.
Tutti i miei lavori vengono dalla percezione. Ho continuato a vedere le cose che covavano in me. Non sono un artista geometrico.
Appunto. Non lo è in quanto la geometria non è il punto di inizio ma la conseguenza. Nel 1949 il suo interesse per le forme che lo circondano quotidianamente lo porta a realizzare le prime opere apparentemente astratte: una finestra del Museo d’Arte Moderna di Parigi o un campo da tennis.
Oggetti prelevati dalla realtà senza troppe elaborazioni.
Le mie forme sono geometriche ma non interagiscono in senso geometrico. Sono solo forme che esistono ovunque, anche se non le vedi.
Kelly, quindi, si pone come uno che osserva e raccoglie. Cercando di essere più impersonale possibile. Un’attitudine nata forse dalla passione giovanile per il bird-watching, l’osservazione degli uccelli praticata per il piacere di afferrarne le variazioni cromatiche e anatomiche.
Con questa intenzione di escludere dall’opera la volontà dell’artista realizza nel 1951 una serie di quadri creati con pennellate scure, tagliati in tanti quadrati e poi riassemblati in maniera casuale. Un tentativo sicuramente influenzato dalla conoscenza di Hans Arp, artista Dada che realizzava collage mettendo insieme ritagli scelti a caso.
Contemporaneamente lavora con il colore. E compone dei dipinti simili ai suoi collage nei quali il colore di ogni quadretto è accuratamente affidato al caso.
Sembrerebbero antesignani dei pixel se non fosse che, anche visti da lontano, questi quadri non si ricompongono in immagini riconoscibili.
Come sempre il tema non è il rigore geometrico.
La geometria è moribonda. Voglio ritmo e gioia nell’arte.
Una gioia che è soprattutto colore. Tinte sature accostate senza mediazioni. È la ricerca alla quale si dedica Kelly dopo aver trascorso sette anni a Parigi ed essere rientrato nel 1954 negli Stati Uniti. Ed è quello che fanno anche gli altri artisti dell’Hard Edge Painting, una corrente americana che ricerca contrasti cromatici netti.
Adesso i suoi quadri si chiamano semplicemente con i nomi dei colori presenti.
Sceglie forme che possono apparire alternativamente figura e sfondo. Perché anche ciò che resta tra due forme è una forma. Una di quelle a cui non facciamo caso…
Il negativo è tanto importante quanto il positivo.
Un’idea su cui si basano anche i suoi lavori di scultura.
La scelta dei colori non è più casuale. Memore del suo impegno nella Seconda Guerra Mondiale come soldato esperto in tecniche di mimetizzazione, conosce ogni segreto dell’interazione dei colori e lo applica ai suoi giganteschi pannelli murali.
Esplora la sequenza cromatica dello spettro della luce attraverso pannelli singoli…
… o multipli.
Un perfetto esempio di Minimalismo, si direbbe. Forme essenziali, segni minimi… esattamente quello che negli anni parigini aveva osservato nelle sculture stilizzate di Constantin Brâncuși. Eppure è difficile appioppare un’etichetta a Ellsworth Kelly. Forse perché il mondo ufficiale dell’arte ci ha messo molto tempo prima di riconoscerne il valore.
La prima retrospettiva è del 1973, al MOMA di New York. La seconda del 1996 al Guggenheim.
Intanto continua ad approfondire il rapporto tra forma e colore, elementi che definisce i suoi temi forti. E comincia a lavorare sul formato del quadro, non più quadrangolare o al massimo tondo come da tradizione plurisecolare.
Inventa forme irregolari che sfuggono ad ogni classificazione.
Inventa una nuova geometria.
Non-euclidea.
È un’esplorazione delle infinite forme del piano. Forme geometriche sconosciute, alle quali dare un nome diventa un’impresa!
La forma della mia pittura è il contenuto.
Ecco. Le sagome, quelle che da giovane osservava nelle piante, tornano a presentarsi in tutta la loro forza visiva. Piccole alterazioni di una curva o di un angolo raccontano nuove dimensioni percettive.
A volte riconosciamo la forma originaria. Un cerchio, ad esempio. Ma nel momento in cui Kelly ha ritagliato un pezzo qualunque di quel cerchio, come una fetta di torta venuta male, sta creando una forma nuova e autonoma.
I miei dipinti non rappresentano oggetti, sono oggetti essi stessi e frammenti di percezione delle cose.
I colori. Sempre meno e sempre quelli. Blu, nero, rosso, verde. Non esattamente i primari, ma di sicuro quelli che da bambini impariamo per primi a riconoscere e a nominare.
Cosa si può togliere ancora? Non ci sono immagini, non ci sono sfumature, non ci sono nemmeno forme nominabili…
Eppure, in questa sottrazione espressiva quasi totale, Kelly apre le porte all’universo di una geometria fantastica, dove strane forme prendono vita e il colore diventa ipnotico.
Un mondo di astrazione e di precisione. Esattamente come il linguaggio della matematica.
Matematica? Ma non era da là che eravamo partiti?
Questo pittore è fantastico. L”ho scoperto da qualche settimana su internet e mi pace moltissimo. Ora sono incappata nel blog. Complimenti. Bello, chiaro ed esauriente.
Alcune di queste opere mi fanno… tremare le ginocchia. Come mi piacerebbe farlo conoscere.
Grazie Chiara! Kelly piace tanto pure a me. Meriterebbe più notorietà anche tra i non addetti.
Bello ! Molto decorativo… certo non è che ti fa battere il cuore , non è Rotko…
Essenziale, coerente e gradevole !!!
Grazie, Dino
Che meraviglia leggerti! ❤️
Ehi, ma tu sei di parte! 😉 ❤️
Bellissima lezione, grazie!
Grandioso nella sua banalità’. Sono uno scultore, ex insegnante di ed. Artistica, che ha ancora amore per il figurativo. Dopo Kandinsky, klee, Mondrian ed altri, mi sembra che ci sia del vuoto. Molte opere dette opere d’arte, nonostante le sue spiegazioni, non riesco a provare entusiasmo. Non e’ per caso che siamo dentro ad un nuovo manierismo?
Difficile giudicare un’epoca vivendoci dentro. Neanche Monet e Van Gogh ai loro tempi suscitarono entusiasmo… 😉