Il soggetto irresistibile: la scogliera dell’Étretat
Finalmente l’ho vista con i miei occhi! L’ho corteggiata per anni, osservandola attraverso i dipinti in cui è raffigurata, ma era troppo lontana per una visita dal vero. Quest’estate però ci sono andata apposta per vederla. Che cosa? L’Étretat, in Normandia, dove si trova la scogliera bianca tanto amata da Monet.
Ecco come mi è apparsa al tramonto.
Per descriverla potrei ripetere esattamente le parole di Victor Hugo: “Ciò che ho visto a Étretat è meraviglioso. […] L’immensa falesia cade a picco sul mare, il suo grande arco naturale è ancora intatto, guardandovi attraverso se ne scorge un altro, ovunque si trovano grandi capitelli lavorati rozzamente dall’oceano.
La più bella architettura che ci sia”.
E proprio dello scrittore è uno schizzo del suo carnet de voyage del 1835 che è forse la prima rappresentazione della scogliera.
In questo caso la vista è quella verso est, dove la baia dell’Étretat è chiusa dalla falesia d’Amont.
Non è la vista più famosa. Quella che tutti conosciamo è l’immagine della falesia d’Aval con l’omonima porta “a sesto acuto” e l’aguzzo faraglione retrostante chiamato aiguille (cioè ago). Ancora oltre, verso ovest, si apre un altro arco detto Manneporte.
Il primo pittore a coglierne la grandiosità non poteva che essere un romantico. Sto parlando di Eugène Delacroix (l’autore de La libertà che guida il popolo) che tra il 1838 e il 1849 ne fa diverse rappresentazioni ad acquerello di entrambi i lati.
L’artista è profondamente colpito dalle forme delle falesie tanto da paragonarle alle rovine di un’antica città.
Dopo è la volta di Gustave Courbet. Il pittore che consideriamo massimo esponente del Realismo (la corrente che racconta la vita quotidiana dei ceti più umili) è anche un appassionato cultore del paesaggio romantico e un precursore delle sequenze impressioniste.
Alla porta d’Aval ha dedicato più tele (del 1869-70) riprendendola dalla spiaggia, allo stesso livello delle barche tirate in secco. Il punto di vista un po’ ravvicinato non permette di scorgere in tutti i quadri l’iconica punta dell’aiguille.
In altri quadri Courbet ha raffigurato anche il lato d’Amont, con il suo piccolo arco terminale. Qui è più evidente la sua scelta di cogliere diverse condizioni atmosferiche. Proprio davanti al mare in tempesta all’Étretat, Courbet avrebbe dipinto la sua celebre onda.
Agli stessi anni appartiene un quadro di Claude Monet, ancora lontano dalla pennellata impressionista e dai colori luminosi. È un mare in tempesta del 1869 con poche persone sulla riva che osservano le onde.
Occorre aspettare i primi anni ’80 per vedere una serie impressionista. Generalmente raffigurata dalla spiaggia, la porta d’Aval con l’affilato faraglione è ripresa da Monet in diverse condizioni atmosferiche e con le tipiche pennellate larghe e veloci.
Ma non è l’unico punto di vista. A guardare i suoi dipinti si nota che Monet ha esplorato in lungo e in largo tutte le falesie, scoprendo scorci inaspettati e sorprendenti. Alcune viste sono fatte dalla porta d’Amont che inquadra quella d’Aval, altre mostrano la grande Manneporte, un arco alto 70 m non visibile dalla baia ma dal retro della porta d’Aval.
Il mio preferito però è un dipinto realizzato da Monet nel 1885 dal punto di vista rialzato sulla falesia che consente di vedere una grande distesa d’acqua. Il mare è di un bel turchese punteggiato di barche a vela. Assolutamente impreciso, riesce comunque a trasmettere il moto del mare e la sua sterminata profondità.
Nonostante di Monet sia stato il maestro, Eugène Boudin arriverà dopo di lui all’Etretat. Maestro di cieli raffigurati dal vero, Boudin realizza diverse vedute delle falesie nel 1890.
Sono gli anni in cui il mondo parigino scopre quel villaggio di pescatori che era l’Étretat facendone una meta balneare tra le più eleganti e apprezzate. Ma Boudin riesce ancora a raccontarne la vita quotidiana, come in questa scena con le lavandaie che strofinano la biancheria sui sassi.
Le stesse lavandaie dell’Étretat saranno riprese da Felix Vallotton nel 1899, ma avendo eliminato del tutto la scogliera la scena assume una forma più astratta e minimale, com’è tipico dello stile di Vallotton.
La falesia d’Aval è più riconoscibile nel dipinto che Vallotton dedica a un gruppo di dame eleganti che passeggiano sul lungomare.
Nell’ultimo quarto di secolo l’Étretat divenne un soggetto irresistibile. In tanti si riversarono sulle scogliere per raccontarle in base al loro stile. Eccone una carrellata.
Con lo scoccare del Novecento, com’era facile supporre, la pittura di paesaggio scompare. Per lo meno quella romantico-impressionista che cercava di cogliere l’essenza del luogo naturale. Le avanguardie hanno poco interesse per la scena dipinta dal vero.
Ma non tutti. Henri Matisse, al contrario, dipinge più volte l’Étretat intorno agli anni Venti. Ma tutto è tratteggiato in modo sintetico e senza ricerche atmosferiche.
Questo è il momento in cui il soggetto passa alla fotografia. Nonostante il bianco e nero faccia sparire lo smeraldo del mare e il verde che copre la falesia, l’Étretat non perde nulla del suo fascino.
È un soggetto così versatile e riconoscibile che si presta ad ogni tipo di scatto.
Con la foto a colori la questione si fa complicata. L’effetto-cartolina è sempre in agguato. Troppo facile fare uno scatto accattivante: è tutto così fotogenico!
E però poi mi dico: che male c’è ogni tanto a lasciarsi andare alle cartoline? E allora per chiudere ve ne lascio una. È esattamente il posto da cui non volevo più andare via!
Complimenti! Mi è piaciuto leggere il tuo articolo e contemporaneamente ammirare le opere pittoriche e non, lo stile è scorrevole ma nello stesso tempo ricco di informazioni. Mi piacerebbe seguirti e scambiare qualche idea.
Gabriella Bandini
Notevolissimo, per ricchezza d’informazioni e gusto estetico
Brava Emanuela. Dimostri una volta di piu’ di come l’arte si presti ad innumerevoli livelli di lettura e di come l’osservazione dal vero ingigantisca la grandezza di queste opere.
Grazie mille, Mario!
È sempre un immenso piacere leggere Didatticarte.
Grazie!
Meraviglia
😀
Stupendo!!!!!!
Grazie! 😀
grazie per la cartolina e spratutto per il ducumentato commento
🙂
Bello viaggiare così, con il privilegio di questi commenti autentici e magistralmente espressi da te. Inaspettati, ma sicuramente privilegiati compagni di viaggio. Grazie Emanuela. L’Impressionismo, che mi stupisce sempre, ancora più bello presentato così.
Ti ringrazio sempre, Luisa.
Posso solo immaginare quanto possa risultare suggestivo trovarsi di fronte a questa bellezza della natura e dell’arte. Grazie per avermi portata lì con la fantasia! 🙂
Grazie a te, Cristina, per aver viaggiato qui con me 🙂
“È esattamente il posto da cui non volevo più andare via!” e infatti te lo sei portato con te e ce lo hai regalato. Grazie, anche per la cartolina, scelta con gusto come si faceva una volta con le vere cartoline.
Grazie a te, carissimo!