Specchi convessi e riflessi d’arte
Sugli specchi nella storia dell’arte ho già parlato in un altro articolo.
Qui mi interessa analizzare più a fondo il funzionamento di un tipo particolare di specchi: quelli convessi, superfici capaci di rimandare immagini deformate e sorprendenti.
Detta così sembrano oggetti inconsueti, in realtà li abbiamo tutti i giorni davanti agli occhi agli incroci stradali o sul soffitto dei supermercati. In queste situazioni sono utilizzati essenzialmente per motivi pratici: il loro comportamento ottico, infatti, consente di vedere riflessa una porzione di spazio molto più ampia di quella che rimanderebbe uno specchio piano.
Si sarà ispirato a questi oggetti quotidiani Anish Kapoor con le sue enormi forme riflettenti (come quella dell’immagine di apertura e quelle qui sotto) posate in piazze e musei di tutto il mondo?
In fin dei conti si tratta di oggetti curvi molto semplici che, per delle precise leggi ottiche, riflettono come una lente grandangolare (se convessi) o ribaltano le immagini specchiate (se concavi e se l’osservatore non si pone oltre un punto detto fuoco). È un po’ quello che possiamo osservare specchiandoci da un lato o dall’altro di un cucchiaio lucido.
Per capire meglio questo concetto basta osservare l’illustrazione qui sotto. Se seguite il percorso di un raggio colorato potrete comprendere immediatamente il motivo della deformazione delle immagini sugli specchi curvi.
Sfruttando le proprietà degli specchi convessi si possono ottenere le anamorfosi catottriche, (come ho già accennato in questo post), immagini che si ricompongono correttamente solo se riflesse su una superficie curva come una sfera, un cono o un cilindro.
Ma torniamo al semplice specchio convesso: la sua comparsa nella storia dell’arte data all’inizio del Rinascimento, in area fiamminga. Chi non ricorda il celebre specchio posto alle spalle dei coniugi Arnolfini (1434) di Jan Van Eyck?
Si tratta di uno stratagemma che consente di inserire nella tela anche ciò che sta al di qua, catturando così anche la presenza dell’artista e di un uomo al suo fianco. Un trucco che amplia lo spazio pittorico in una dimensione mai vista prima!
Di pochi anni successivo è un dipinto di un altro fiammingo, Robert Campin, che in un pannello del Trittico Werl (1438) inserisce uno specchio convesso dietro la figura di Giovanni Battista. Anche in questo caso il riflesso restituisce la presenza di altre persone nella stanza.
Nel caso dell’Orafo nel suo negozio (1449) di Petrus Christus, il riflesso si spinge addirittura verso l’esterno urbano e lo specchio si configura come un vero e proprio quadro nel quadro!
Il riflesso di un ambiente interno torna nel dipinto Nozze di Cana (1500) di Juan de Flandes, un contemporaneo di Christus. Qui lo specchio è posto in fondo alla sala, come nell’opera di Van Eyck, e rimanda una vista un po’ annebbiata dei commensali visti di spalle.
È in un altro interno di bottega che lo specchio sta di nuovo sul tavolo a mostrare i clienti: sto parlando dell’opera di Quentin Massys, L’usuraio e la moglie (1514), un capolavoro di quel tipico virtuosismo fiammingo evidente in ogni dettaglio.
Ma è in Italia che troviamo un utilizzo nuovo e completamente diverso dello specchio convesso in pittura e lo si deve a Parmigianino con il suo celebre Autoritratto (1524), una piccola opera che l’artista dipinse per mostrare il suo talento al papa Clemente VII e che mandò letteralmente in visibilio il mitico Vasari…
Di pochi anni precedente è l’opera di Tiziano Donna allo specchio (1515) nella quale una giovane ragazza osserva la sua acconciatura guardando su un piccolo specchio rettangolare il grande specchio convesso posto alle sue spalle (non fanno così anche i parrucchieri?). La superficie bombata dello specchio ci consente di scoprire la finestra che illumina la ragazza.
Meno profano è il significato dello specchio convesso che Caravaggio pone accanto a Maria Maddalena (1597) nell’atto di convertirsi.
Qui si riflette solo una piccola finestra (come in Tiziano) ma non è semplicemente una notazione architettonica bensì il punto da cui ha accesso la luce divina che investe Marta e Maddalena.
Nel XVII secolo lo specchio convesso (o la sfera di vetro, che riflette in modo simile) riappare spesso nelle Fiandre, soprattutto nelle nature morte e in particolar modo nelle vanitas.
Concentrato di virtuosismo tecnico e di simbologie moltiplica i punti di vista e allude alla fragilità del nostro essere.
Con il Settecento l’interesse per lo specchio convesso sembra affievolirsi mentre una nuova stagione gloriosa si aprirà alla fine dell’Ottocento con opere intimistiche come Nello Studio (1888) di Albert Stevens, Lo specchio (1900), La famiglia Bloomsbury (1907) e Una semplice frattura (1901) di William Orpen.
Del 1916 è, invece, una piccola tela circolare che riprende l’idea di Parmigianino di rappresentare esclusivamente lo specchio e l’immagine in esso riflessa. È il dipinto di George Lambert dal titolo, appunto, Lo specchio convesso.
Negli stessi anni, comunque, si possono trovare anche opere che danno molto spazio allo specchio ma che includono anche ciò che vi sta intorno.
Occorre aspettare sino agli anni Trenta del Novecento per poter godere dei virtuosismi ottici su specchi convessi del grande Maurits Cornelis Escher.
Il suo celebre autoritratto Mano con sfera riflettente (1935) è forse il punto di arrivo, la summa di tutto ciò che gli specchi avevano espresso sino a quel momento: deformazione, ampliamento, apertura oltre la tela, virtuosismo artistico e scientificità dello studio ottico.
Ma Escher non si è accontentato di una sola opera e ha continuato a coniugare il tema dello specchio convesso in versioni incredibili… persino sulla cornea dell’occhio umano con l’inquietante riflesso di un teschio!
Ad Escher potrebbe essersi ispirato Man Ray nei suoi scatti su specchi convessi.
Gli specchi curvi continuano a vivere un periodo di successo con interessanti episodi come il tradizionale Harold Gresley e il suo Specchio convesso (1945) o il più dinamico Amnon David Ar e il suo Autoritratto su specchio convesso (2008) estremamente scorciato.
In altri casi è stato ripreso il classico specchio stradale o l’effetto trompe-l’oeil alla Parmigianino.
Tuttavia oggi gli artisti preferiscono le installazioni di specchi nei quali l’osservatore interagisce riflettendosi sulla superficie e diventando parte integrante dell’opera. Un approccio del genere è visibile nel lavoro con specchi convessi di Devorah Sperber o di Jeff Koons e nelle opere con specchi concavi di Cerith Wyn Evans e del già citato Anish Kapoor.
Vi pare tutto molto bello e affascinante ma troppo complesso per provarci? Niente di più sbagliato! Provate ad andare in giro muniti di un piccolo specchio convesso, scattate qualche foto e poi mi direte…
Straordinario post come sempre! L’autoritratto del Parmigianino ha una caratteristica che lo differenzia dagli altri: è stato dipinto su una tavola semisferica, uguale come curvatura allo specchio ritratto.
Articolo interessante e ben fatto
Io faccio fotografie con gli specchi ne uso di tre diverse misure e forma
I risultati sono sorprendenti
Grazie
Molto interessante. Grazie per l’articolo
Articolo interessante, l’ho ribloggato su http://www.mtartbox.wordpress.com
Cordiali saluti.
Antonia
Grazie Antonia!
Qualcuno sa dirmi dove si trovano i cilindri catottrici apposta per queste deformazioni su immagini bidimensionali? Sapete darmi delle fonti che spiegano come si elaborano queste deformazioni con gli specchi? Sareste di grande aiuto! Grazie
I cilindri cromati immagino si possano trovare nei negozi di modellismo o ferramenta.
Per realizzare le immagini ci sono software appositi ma ci si può anche armare di griglia deformata a ventaglio e riportare un disegno originariamente realizzato su una griglia ortogonale. Per saperne di più sulle anamorfosi puoi consultare questo articolo.
I giochi di specchi, i processi ricorsivi, di cui il moltiplicarsi all’infinito dell’immagine di un oggetto tra due specchi piani paralleli è un esempio, sono alla base dell’intelligenza, del genio. Così come si è manifestata in Gesù di Nazaret, Leonardo da Vini e Michelangelo Buonarroti. I loro stessi volti nella maturità erano simili, come in una camera degli specchi. Cfr. ebook (amazon) di Ravecca Massimo. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.
Questo argomento é particolarmente affascinante…
Segnalo anche il libro “Il segreto svelato” di D. Hockney del 2001.
Complimenti!
Grazie mille per i complimenti e per la preziosa segnalazione! 😀
Veramente interessante e bene fatto, come sempre del resto… Complimenti!
Grazie Barbara! 😀