Una passeggiata lungo i portici di San Luca a Bologna
È notizia fresca di stampa l’iscrizione dei portici di Bologna nella lista Unesco dei patrimoni dell’umanità. Un titolo meritatissimo: ogni volta che li percorro resto sempre estasiata dalla loro diversità e vitalità.
La loro storia è abbastanza nota: nati nel Medioevo per ingrandire le abitazioni senza invadere il suolo pubblico, inizialmente erano realizzati in legno con grossi pali a sostenere gli aggetti. Di questa tipologia ne restano pochissimi, ma tutti ancora in uso.
La loro fortuna corrisponde alla nascita dell’Università bolognese nel 1088, quando l’afflusso di studenti e intellettuali portò all’ampliamento delle abitazioni, per poterne ricavare un affitto maggiore. Se la nascita dei portici, dunque, è legata a una forma di speculazione edilizia, nel giro di poco tempo si affermeranno come standard architettonico capace di garantire protezione ai passanti dalle intemperie e igiene delle botteghe, distanti dai liquami della strada.
Dal 1288, addirittura, il portico diventa obbligatorio sia per le nuove costruzioni che per quelle esistenti. È così che, secolo dopo secolo, si sviluppano quei 38 chilometri di portici urbani oggi esistenti (che arrivano a 53 se si includono anche quelli esterni al centro storico).
All’interno di questo record ce n’è un altro: quello del portico più lungo del mondo. Si tratta del Portico di San Luca, un unico percorso coperto di 666 campate e 3.800 metri di lunghezza (il navigatore ne dà qualcuno in meno) che dal centro città si arrampica fino al Santuario della Madonna di San Luca, sul colle della Guardia.
Edificato tra il 1674 e il 1721, il portico è una sequenza infinita di volte a crociera su pilastri. Per una pura coincidenza l’ho percorso proprio la scorsa settimana (non vi dico che sudata!) dunque ve lo posso raccontare in prima persona.
Nella parte iniziale, dopo l’Arco Bonnaccorsi, il portico è sostenuto da pilastri binati. Sul lato interno si trovano botteghe e abitazioni. A parte la lunghezza della prospettiva, non è troppo diverso da tanti altri portici cittadini.
Ogni tanto una strada attraversa il portico. Questo però non si interrompe nella sua sequenza di archi e catene (quei ferri trasversali che assorbono la spinta degli archi verso l’esterno).
Ad un certo punto si giunge all’Arco del Meloncello, un cavalcavia monumentale in stile barocco che fa proseguire il percorso oltre la Strada Statale Porrettana.
Per raggiungere la quota di questa grande porta il portico si trasforma in una scalinata. È un punto suggestivo in cui al cambio di livello si aggiunge lo sfondo luminoso che preannuncia senz’altro una sorpresa.
Dopo l’arco inizia la seconda metà del percorso, quella più ripida, fiancheggiata solo dal verde e dal panorama di Bologna fino al santuario.
Fin dall’inizio si nota una differenza: al posto dei pilastri binati si trovano dei brevi setti a sostenere gli archi. Inoltre la parete chiusa si trova adesso a sinistra mentre le aperture sono a destra (ma durante il percorso questa disposizione si invertirà ancora).
Una lapide, in alto, richiama la mia attenzione. Non riporta la data ma in base al linguaggio direi che avrà ben più di un secolo. E tuttavia testimonia che nel tempo nulla è cambiato: gli imbrattatori di monumenti ci sono sempre stati e dissuaderli è cosa dura!
Non è l’unica lapide del percorso. In questa seconda metà quasi ogni arco ne ha una, più o meno antica, che riporta i nomi di chi ha contribuito ai restauri o esprime la sua riconoscenza per una grazia ricevuta o, ancora, vuole ricordare i suoi defunti.
Ogni tanto, sulla parete chiusa, si aprono delle porticine in legno. Al di là ci sono giardini e ville private.
Il percorso adesso è tutto in salita. Gli unici che lo percorrono non sono pellegrini in cerca di espiazione ma sportivi in allenamento! Quanto a me, preferisco passeggiare senza fretta, godendomi il paesaggio e la proiezione di luci e ombre.
In questo tratto sono presenti 15 cappelle con i Misteri del Rosario. In corrispondenza di ciascuna, la campata è più ampia ed è coperta da una piccola cupola.
La cosa più affascinante, tuttavia, è la continua variazione delle prospettive, grazie alla presenza di curve e scale che rendono il percorso suggestivo e scenografico.
È interessante anche attraversare ogni tanto la strada e guardare il portico dall’esterno. Adoro quell’infilata di archi in mezzo al verde!
Finalmente una luce in fondo al tunnel… mancano un po’ di scale e poi dovremmo essere arrivati.
No, non è finita. In cima alle scale c’è una svolta a U e poi le ultime rampe.
Adesso ci siamo: dagli archi si intravede la facciata convessa del santuario.
Poco più avanti l’ingresso. Un cartiglio sul portale avverte i credenti che la fatica non è stata vana…
All’interno uno spazio semplice, a croce greca con il braccio longitudinale leggermente più lungo e cupola affrescata.
Uscendo dalla chiesa e procedendo ancora lungo il portico è possibile scendere alla quota inferiore dall’avancorpo di destra. Qui, finalmente, si può osservare il monumento in tutta la sua interezza.
Si può scendere ancora più in basso, al livello della strada carrabile, per cogliere il santuario nella sua totalità.
Mi avvicino all’ala destra per apprezzare meglio il sinuoso abbraccio barocco del prospetto.
Ma è ora di tornare indietro. Riprendiamo le scale per risalire sul portico.
Adesso ci tocca rifare tutta la strada al contrario. Ma non prima di aver gettato uno sguardo allo splendido panorama che si vede da quassù.
E con queste meravigliose cartoline vi saluto anch’io. Alla prossima!
Grazie, Emanuela! Ho percorso il portico con i tuoi occhi!
Ne sono felice, Lia!
Impeccabile grazie
reportage sintetico preciso emozionante! Le foto sono preziose. Grazie Grazie
Grazie della passeggiata, Emanuela, e delle belle cartoline. Buona estate italiana
Grazie a te, Angela. Sono stata a Bologna giusto un paio di giorni. Il resto delle vacanze le passerò nel posto più rilassante che conosca: casa!
Cara Emanula,
Grazie di pubblicare questo post proprio oggi in cui Bologna è ancora di più nei nostri cuori.
🙂
Conosco bene i portici di Bologna: li ho frequentati spesso durante gli anni di Università, e ricordo quanto fosse agevole muoversi in città quando pioveva, proprio grazie alla loro provvidenziale presenza. Bell’articolo. Grazie.
Bellissima Bologna. Ma permettimi un accenno di campanilismo personale….se prosegui verso nord ci siamo anche noi padovani nel patrimonio Unesco….PADOVA URBS PICTA.
Ho visitato la splendida Padova tre anni fa… ma per raccontarla servirebbero decine di articoli 😀