Vi racconto la Statua della Libertà

È famosa in tutto il mondo. Centinaia di copie sono sparse per ogni dove. Eppure pochi conoscono l’avvincente storia della Statua della Libertà.

Tutto ha inizio nel 1865, quando il politico francese Édouard René de Laboulaye ebbe l’idea di creare un monumento da donare agli Stati Uniti come segno d’amicizia, in occasione del primo centenario della Dichiarazione di Indipendenza, evento con cui si separarono dall’Impero Britannico il 4 luglio 1776.
La proposta venne subito accolta dallo scultore Frédéric-Auguste Bartholdi, che immaginò una colossale statua classicheggiante in rame – il cui nome completo sarebbe stato La Libertà che illumina il mondo – ispirata alla figura della Libertas, la dea romana della libertà.

Il precedente più illustre è quello di Eugène Delacroix con La Libertà che guida il popolo del 1830.
In questo caso la donna, impetuosa e robusta, tiene con il braccio teso il tricolore francese mentre con l’altra mano stringe un fucile. Tanti elementi rimandano al mondo classico: dalla veste svolazzante come quella della Nike di Samotracia (che però verrà scoperta solo trent’anni dopo) al berretto frigio sulla testa, antico simbolo di libertà, al profilo greco del volto fino al seno scoperto che ricorda la Venere di Milo (esposta al Louvre dal 1821).

camminare con Delacroix

Tuttavia il riferimento iconografico scelto da Bartholdi non sarebbe la Marianne francese ma la Libertà della Poesia, una scultura funeraria coeva dell’artista Pio Fedi collocata nella chiesa di Santa Croce a Firenze.
La posa della versione americana però è molto più statica e solenne perché manca del chiasmo, quella postura sinuosa data dalla concentrazione del peso su una sola gamba, dall’inclinazione contrapposta delle anche e delle spalle e dall’incrocio tra arti rilassati e arti in tensione.

L’unico elemento dinamico è un lento incedere in avanti suggerito dalla posizione della gamba destra, leggermente arretrata rispetto alla sinistra.

La scultura di Bartholdi, inoltre, tiene in mano una tavola su cui è incisa la data del giorno dell’Indipendenza mentre dalla testa si dipartono sette raggi, simbolo dei sette mari.

La Statua della Libertà, tuttavia, non si sarebbe potuta realizzare senza la struttura portante in acciaio ideata da Gustave Eiffel, l’ingegnere che pochi anni dopo avrebbe legato per sempre il suo nome alla celebre torre parigina.
La scultura, infatti, è alta circa 47 metri (quanto un palazzo di 15 piani) che arrivano a 93 includendo il piedistallo, una dimensione che le lastre di rame non avrebbero potuto reggere da sole.

Il progetto di Eiffel è una torre reticolare da cui si diparte un traliccio laterale corrispondente al braccio che sostiene la fiaccola. Un’ulteriore gabbia esterna sostiene le 300 lastre di rame lavorate a sbalzo che formano il panneggio e il corpo della figura. Per rendervi conto di com’è fatta al suo interno potete farvi un giro con l’incredibile visita virtuale sul sito ufficiale del monumento.

I lavori ebbero inizio nel 1875, ma la costruzione della statua, realizzata interamente a Parigi, cominciò solo nel 1877.

Per finanziare l’opera Bartholdi realizzò subito la testa e la mano con la fiaccola e le installò presso l’Esposizione Universale di Parigi del 1878 aprendo contemporaneamente una raccolta di fondi.

La statua fu completata in circa sette anni, nel 1884.

Nel frattempo a New York, sull’isola Bedloe, alla foce del fiume Hudson – oggi Liberty Island – che avrebbe ospitato la statua, veniva eretto il piedistallo in granito e cemento.

L’anno seguente la statua fu smontata, imballata in 214 casse e spedita in America a bordo del piroscafo francese Isère. L’inaugurazione si svolse in pompa magna il 28 ottobre 1886. Di quell’evento restano foto e dipinti ricchi di fascino.

Grazie alla sua posizione strategica nella baia, la Statua ha funzionato inizialmente anche come faro per i naviganti. 

Questo particolare utilizzo richiama alla mente un’altra celebre statua posta all’imbocco di un porto: il Colosso di Rodi, una delle sette meraviglie del mondo antico risalente al III secolo a.C.
L’immagine che si tramanda di quella statua (andata perduta per via di un terremoto intorno al 225 a.C.) è proprio quella di una figura possente con una torcia nella mano destra e una raggiera attorno al capo. Questo perché raffigurava il dio del Sole Helios, un archetipo che ha certamente influenzato anche Bartholdi.

Anche la Statua della Libertà faceva luce dalla fiaccola, opportunamente forata dopo la sua installazione e dotata di potenti lampade elettriche al suo interno. Tuttavia la mancanza di una lente concentrante produceva un’illuminazione debole e nel 1902 la statua cessò la sua funzione di faro.
Negli anni Ottanta, in occasione di un massiccio restauro, la fiaccola è stata sostituita con una torcia dorata, senza forature.

La Statua della Libertà ebbe subito un incredibile successo. Oggi è un monumento visitato ogni anno da circa 4 milioni di turisti che possono arrivare sino alla base finestrata della corona percorrendo la scala a chiocciola interna di 354 gradini.

Dall’epoca della sua realizzazione centinaia di copie a varia scala sono state collocate in tutto il mondo. Solo a Parigi se ne trovano cinque di cui una, donata da un comitato di americani, svetta a fianco del Pont de Grenelle, a poca distanza dall’atelier di Bartholdi. Ma se ne trovano anche in Brasile, in Giappone, in Australia, in Messico e in tanti altri paesi.

Naturalmente la sua carica simbolica non poteva sfuggire a un cercatore di icone come Andy Warhol. Ecco la sua versione pop del 1962.

Nel 1984 è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’Umanità per la sua eccezionale fusione di arte e tecnica. Ma il vero trionfo della Statua come simbolo del mondo occidentale è avvenuto nel cinema, soprattutto nei film di genere catastrofista. In Cloverfield, del 2008, una creatura mostruosa distrugge la città di New York e con essa la Statua della Libertà, la cui testa mozzata giace per strada, accanto all’abitazione dei protagonisti.

In Independence Day, del 1996, la Statua viene distrutta da un attacco alieno assieme alla città e alle altre grandi capitali degli Stati uniti.

Ma la scena più terribile è il finale del Pianeta delle scimmie (1968) in cui emerge dalla spiaggia quel che resta della Statua della Libertà e del mondo come lo conosciamo. In quel momento il film si rivela in tutta la sua apocalittica verità e quella fiaccola verso il cielo assume il significato tragico di una civiltà scomparsa.

Ricordo che da bambina vidi quel film trasmesso in televisione e, pur non sapendo nulla di quel monumento, di Bartholdi e di Eiffel, del rame sbalzato e del 4 luglio, quella scena mi provocò una tale angoscia che corsi nella mia cameretta a piangere sotto le coperte. Potenza dei simboli!

 

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19 risposte

  1. Paola ha detto:

    Articolo davvero interessante! Mi permetto di segnalare un altro film iconico degli anni ’80 in cui la statua della libertà diventa fondamentale per salvare la città di New York: “Ghostbusters 2” (1989) https://www.imdb.com/title/tt0097428/mediaviewer/rm22510080/?ref_=ext_shr_lnk

  2. viola ha detto:

    Spesso mi chiedo come fai a dividerti tra vita privata, insegnamento, preparazione delle lezioni per varie classi e correzioni, visite e redazione di questi eccezionali servizi: quanti ne hai fatti ? Grazie.

  3. Sonia ha detto:

    Conoscevo già la storia, ma il tuo racconto arricchito da queste immagini eccezionali sarà sicuramente condiviso con i miei alunni alla prima occasione utile (più o meno quando non riuscirò a trattare l’architettura del ferro…): sei un aiuto prezioso alleato lezioni!

    Mi daresti un piccolo consiglio? Devo fare un paio d’ore di potenziamento quando le classi sono sembrate per i recuperi e vorrei proporre attività snelle e appassionanti per farli appassionare un po’ di più allo studio dell’arte e alla nostra città; Roma…ogni suggerimento è ben accetto, isto che non so come organizzarmi!

  4. PAOLO MOLTENI ha detto:

    complimenti
    interessante la documentazione di immagini in particolare relativi all’aspetto realizzativo strutturale

  5. Marino Calesini ha detto:

    Che bello .Grazie

  6. Ugo Adamo ha detto:

    Complimenti Emanuela, per ieri (Geo) e per oggi. Ho avuto sempre avuto un atteggiamento di sufficienza verso la statua della libertà, considerandola il simbolo dell’imperialismo americano. Ma questo è stato un atteggiamento ideologico, avulso del tutto dal valore dell’opera. Che ho potuto apprezzare grazie alle tue due “lezioni” (per me e mi ci voleva). Grazie

  7. Laura Carbonelli ha detto:

    Buongiorno Emanuela, intanto colgo l’occasione per farle i miei complimenti per il suo lavoro e per gli spunti di approfondimento, sempre interessanti e ottimamente documentati. Volevo accennare anche ad un’altra scultura che sapevo essere di spunto per la redazione della statua della Libertà, ovvero della “Legge nuova” di Camillo Pacetti (1810) che si trova sulla facciata del Duomo di Milano, in accoppiata con la “Legge vecchia”, sul balcone soprastante il portale centrale. Lei non l’ha citata perché ha trovato dei documenti che affermano l’unica ispirazione di Bartholdy nella “Libertà della poesia”? Grazie mille!

    • Salve Laura, grazie per l’apprezzamento.
      Di ipotesi sulle fonti di ispirazione ce ne sono a bizzeffe ma non mi interessava approfondirle più di tanto perché quella di Bartholdi è un’opera assolutamente originale per il contesto, per la composizione ma soprattutto per la tecnica di realizzazione con struttura portante in acciaio e rivestimento “appeso”.

  8. Sonia ha detto:

    La storia del monumento la conoscevo già, ma hai saputo raccogliere un apparato iconografico molto interessante, come sempre fai del resto!!!
    Di certo condividerò questo articolo con i miei alunni quando non avrò tempo di affrontare con loro l’architettura del ferro
    Vuoi darmi un consiglio? Devo fare un paio d’ore di potenziamento a classe mentre le classi sono smembrate per i recuperi: cosa mi consigli di fare per non farli morire di noia e invece interessarli di più alla materia e/o alla nostra città, Roma?

  9. Susanna Poddi ha detto:

    Grazie! Che gioia immensa leggerti .

  10. Maurizio Mameli ha detto:

    Grazie, articolo e fotografie davvero interessanti: ricordo una puntata di wikiradio dedicata alla statua e anche quello che le accade nella serie tv “The Man in the High Castle”, liberamente tratta da un romanzo di Philip Dick.