Quando il Cubismo andò in nave: il camuffamento dazzle

Chiamarlo camuffamento è quasi un controsenso. Sì, perché il cosiddetto ‘dazzle‘ è uno schema pittorico, usato per dipingere le navi, molto appariscente e tutt’altro che mimetico (d’altronde il termine, in inglese, significa accecare, abbagliare).

Ma andiamo con ordine. Tutto ha inizio verso la fine della Prima Guerra Mondiale, quando i sottomarini tedeschi, i micidiali U-Boot, avevano già affondato un gran numero di navi inglesi (pare che riuscirono a distruggerne 5.700…).

Sembrava quasi impossibile sottrarsi all’attacco dei sommergibili. Ogni tentativo di mimetizzare le navi, infatti, era stato fallimentare. Si tentò di farle apparire simili a balene o persino a isolotti, ma l’abbondante fumo che fuoriusciva dalle ciminiere non lasciava scampo: la nave veniva immediatamente individuata e colpita.

Ma un bel giorno Norman Wilkinson, un tenente della Royal Navy che di mestiere faceva l’illustratore e il pittore, ebbe un’idea geniale e controintuitiva: dipingere le navi con vistose geometrie talmente irregolari da confondere il nemico. Gli scafi vennero così verniciati con strisce bianche e nere a zig zag degne del miglior Cubismo: era nato il camuffamento dazzle.

Questa trama, secondo il suo inventore, avrebbe reso molto difficile, per il periscopio del sottomarino avversario, calcolare la rotta della nave per prendere la mira. Le geometrie dipinte, infatti, non consentivano di capire chiaramente quale fosse la prua della nave e dove fosse diretta.

Ecco come funzionava: il sottomarino, avvistata la nave, ne avrebbe calcolato la rotta in modo errato, portandosi in un punto di attacco lontano dalla reale posizione dell’obiettivo.

In effetti poteva funzionare, tenuto conto che l’U-Boot restava a 1900 metri di distanza per fare l’avvistamento senza essere scoperto e che aveva 30 secondi di tempo per calcolare la rotta che avrebbe dovuto portarlo a 300 metri dalla nave. Per altro ogni sottomarino portava solo 12 siluri per cui ogni lancio andato a vuoto era una chance in più per la Marina inglese. Bastava un errore di calcolo di 8-10 gradi.

Per dipingere in modo ‘scientifico’ le navi venne ideata una precisa tavolozza di colori.

Queste tinte furono utilizzate per progettare un catalogo con decine di schemi pittorici adatti a navi mercantili e militari.

Ma lo schema più frequente prevedeva semplici fasce zebrate oblique in bianco e nero, con continui cambiamenti di direzione tali da simulare una tridimensionalità inesistente. 

Navi di questo genere divennero anche il soggetto dei dipinti del tradizionale genere marinaresco.

Ma stimolarono anche un tipo di pittura più d’avanguardia, come quella di Edward Wadsworth, esponente del Vorticismo, un movimento artistico inglese che metteva assieme le ricerche cubiste e futuriste per esprimere un “vortice di emozioni” (concetto ripreso da Boccioni).
Le sue ‘navi dazzle‘ del 1918 sono opere originalissime in cui l’effetto grafico del camuffamento sembra anticipare la Op Art degli anni Sessanta.

Altrettanto affascinanti anche le versioni a colori, come questa Nave-dazzle nel bacino di carenaggio di Liverpool del 1919, in cui la nave è un quadro astratto dentro una composizione quasi astratta.

A un certo punto, come spesso accade, il camuffamento dazzle valicò i confini delle strategie belliche e della pittura per diventare una mania, usata persino per le nuove collezioni di moda del 1920.

Davanti a un successo simile Pablo Picasso ne rivendicò subito la paternità: quegli schemi erano figli della sua frammentazione cubista dei volumi. In effetti, osservando due opere di Picasso, del 1909 e del 1919, non si può fare a meno di sentire una forte affinità con i motivi dazzle dipinti sulle navi (come quella del quadro di Arthur Lismer del 1919).

Nel settore militare, tuttavia, il dazzle non ebbe un lungo seguito. Era difficile calcolare quante navi si fossero salvate grazie a questo stratagemma e, quando fu ideato, la guerra era ormai agli sgoccioli. Non ebbe grandi applicazioni neanche nel corso della Seconda Guerra Mondiale perché la diffusione del radar rese inutile qualsiasi tipo di camuffamento visivo.
Eppure resiste, come stile pittorico per quelle navi che vogliono distinguersi.

La seconda di questa serie è stata creata per il Festival d’Arte di Edimburgo per commemorare il centenario della Grande Guerra. Questo video ne racconta la creazione.

In tutto questo racconto la cosa più interessante è forse quel curioso percorso fatto dall’arte cubista: dal suo ambito d’elezione, la tela e il cavalletto, è passata a quello militare per poi tornare in atelier in una forma più astratta, intrisa di nuove suggestioni. Esattamente le storie che mi piace raccontare!

 

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13 risposte

  1. Antonietta ha detto:

    Ma che scoperta! Grazie Emanuela

  2. Angela Mirto ha detto:

    Condivido quanto qui scritto da altri prima di me e giro il link ai nipotini (9 e 12 anni) che sono sicura apprezzeranno molto l’argomento e l’estetica di queste navi :-D: Grazie Emanuela

  3. Salvatore Bonincontro ha detto:

    Ma le donne-dazzle riuscivano a ingannare l’occhio del nemico e a sottrarsi agli attacchi degli U-boot (gli Uomini con gli Stivali)?! 🙂 – Complimenti, abbagliante “tuffo” nell’arte (della guerra) e incredibilmente (purtroppo) sul pezzo. Grazie per queste chicche!

  4. Elisabetta Clerici ha detto:

    Molto interessante, grazie

  5. Cristina ha detto:

    Ho insegnato Storia dell’Arte per più di trent’anni in molti licei di Milano, Brescia, Torino e Chivasso. Da quando sono in pensione vivo in campagna e studio Pianoforte, Fisarmonica e Canto. Per me i lavori che lei, Emanuela, pubblica, sono di grande valore. Apprezzo la grande professionalità, la passione e la qualità ineccepibile delle sue ricerche, di cui mi nutro con grande soddisfazione! Grazie!

  6. Marino Calesini ha detto:

    Molto interessante .Grazie

  7. Luisa ha detto:

    Carissima Emanuela, questa tecnica applicata al contesto militare proprio non la conoscevo e ti ringrazio per avermela fatta scoprire…chissà che possa tornarmi utile per riuscire ad agganciare anche gli studenti meno inclini all’arte. Scopro sempre cose nuove grazie a te.
    Grazie per il tuo lavoro e per il contributo che offri per la divulgazione dell’arte accessibile a tutti. Non smetterò mai di ringraziarti. Un abbraccio.

  8. Edoardo ha detto:

    Che bel modo di cogliere con lo sguardo dell’arte la storia nel mondo!