Un baule d’artista: il cassone nuziale

Come sapete, mi piace tantissimo indugiare tra i particolari dei dipinti, alla ricerca di oggetti marginali che però possono raccontare un’intera epoca anche più del soggetto principale dell’opera d’arte. Ho indagato su trappole per topi, zoccoli infangati, tappeti alle finestre, tulipani scomparsi, casette per piccioni e un’infinità di altri minuscoli dettagli sparsi nei dipinti di ogni epoca.

Ma ce n’è uno che mi ha sempre stuzzicata e che non ho mai approfondito per bene. Si trova sul fondo della Venere di Urbino, il celebre dipinto di Tiziano del 1534. È un baule decorato, più precisamente un cassone nuziale, dal quale un’ancella sta tirando fuori degli abiti.

Un contenitore simile appare in una Natività di Maria di scuola tedesca del 1460 che faceva parte di una pala d’altare. Nel pannello si può osservare una donna che apre il coperchio della cassa per estrarre un panno bianco da porgere al gruppo che sta preparando la tinozza per lavare la neonata.

Tuttavia questo non è esattamente ciò che viene chiamato “cassone” (termine usato in italiano anche nelle altre lingue), ma un semplice baule in legno, squadrato e con poche decorazioni.

Il cassone, invece, era un tipico arredo rinascimentale italiano (chiamato all’epoca “forziere”) generalmente realizzato in occasione delle nozze e usato per riporre gli abiti. La sua particolarità risiedeva nell’avere il pannello frontale e i due laterali dipinti con le scene più svariate: battaglie, episodi mitologici o immagini tratte dalla letteratura, dal significato moralizzante.

In questo splendido pezzo, dipinto da Apollonio di Giovanni di Tommaso nella seconda metà del XV secolo e alto 1 metro, si può osservare la Battaglia di Trebisonda, un episodio storico dell’epoca a cui risale il manufatto.

In genere il cassone conteneva la dote della sposa e il suo corredo ma a volte veniva realizzato in due esemplari gemelli, uno per ciascuno degli sposi. In questo caso, sotto il coperchio ci poteva essere un dipinto più “intimo” e beneaugurale, per esempio un nudo maschile e uno femminile (che potevano essere la coppia di Elena e Paride o di Venere e Amore), come in questi due esemplari conservati allo Statens Museun for Kunst di Copenhagen dipinti dallo Scheggia (cioè Giovanni di Ser Giovanni, fratello di Masaccio) nel 1460.

Il cassone veniva portato in processione nel corteo nuziale dalla casa paterna della sposa a quella del marito in modo da annunciare pubblicamente le nozze ed esibire la ricchezza delle due famiglie e quindi il loro potere.
Questa operazione è raffigurata proprio su un cassone, sempre dello Scheggia, con la storia di Traiano e la vedova (episodio tratto dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze), nel quale si vede un uomo che sostiene un pesante cassone, probabilmente aiutato da un alto dietro di lui, nascosto dal pilastro.

Il pannello dipinto non era tuttavia l’unico tipo di decorazione. Alcuni cassoni presentavano dei ricchi rilievi “a pastiglia“, realizzati cioè con un impasto a base di gesso applicato per strati e poi dipinto a colori o dorato. Questo esemplare lucchese del 1480-1495 presenta sul fronte una scena tratta dalle Metamorfosi di Ovidio, quella in cui Cerere, sconvolta per il rapimento della figlia, percorre la terra cercandola a bordo del suo cocchio trainato da draghi.

Un’altra tecnica usata per decorare la parte frontale del cassone era la tarsia lignea. In questo caso il pannello era generalmente diviso in riquadri più piccoli e le scene erano spesso vedute urbane in prospettiva, come si può osservare in questi cassoni della seconda metà del Quattrocento.

Ma il cassone più prestigioso restava quello con i pannelli dipinti, anche perché vi si dedicavano spesso pittori di prim’ordine come Paolo Uccello, Filippino Lippi, Sandro Botticelli e Andrea Mantegna.
A quest’ultimo sono attribuiti i cassoni di Paola Gonzaga, realizzati per il matrimonio con il conte Leonhard von Görz nel 1478. È molto probabile che Mantegna non sia stato l’esecutore fisico dei decori ma che, in quanto artista di corte, ne abbia progettato le pitture e i rilievi.

Il particolare formato del pannello frontale, esteso in orizzontale, consentiva di sviluppare narrazioni particolarmente complesse, con decine di personaggi e sfondi architettonici o naturali. Un tipico esempio è la tavola qui sotto, con scene di torneo, del 1455-1465.

Nei secoli seguenti queste preziose tavole, staccate dal contenitore, vennero rivendute a musei e collezionisti ma continuano a chiamarsi “cassone“, come il baule che li ospitava. Ad ogni modo rimangono abbastanza riconoscibili per via delle proporzioni estremamente allungate (anche se lo stesso formato era usato per le spalliere dei letti). 

Di questo genere Giorgio Vasari scrisse: “anche i pittori più eccellenti si sono esercitati in tali lavori, senza vergognarsi, come molti lo sarebbero oggi, di dipingere e dorare tali cose”, lasciando intendere che la pittura dei cassoni fosse considerata un genere minore che lui però intendeva difendere.

Tra i temi più frequenti nei cassoni ci sono i racconti tratti dal Decameron di Boccaccio, come in questo esemplare di inizio Quattrocento, opera di Giovanni Toscani, in cui è ripresa la storia di Ginevra, Bernabò di Genova e Ambrogiuolo di Piacenza. In questo caso il formato orizzontale consentiva di raffigurare diversi momenti della narrazione.

Questo racconto, a sua volta, vede proprio un cassone al centro dell’intrigo: quello usato da Ambrogiuolo per introdursi furtivamente a casa di Ginevra, moglie di Bernabò, e tentare di sedurla per vincere la scommessa fatta con il marito.

Di questi pannelli ne sono arrivati a noi centinaia, oggi sparsi nei musei di tutto il mondo e nelle collezioni private, ma questo non significa che fossero alla portata di tutti. Si trattava, come gran parte dell’arte del passato, di manufatti realizzati per un’élite nei quali la ricerca di bellezza si sovrapponeva alla propaganda politica e all’ostentazione di ricchezza.
L’arte era un lusso per pochi. E andava a braccetto con il potere. 

Potrebbero interessarti anche...

2 risposte

  1. Marino Calesini ha detto:

    Che meraviglia !!!!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *