Scrivere di arte con l’aiuto (?) dell’IA

Ho sempre avuto un approccio sereno verso il mondo digitale. Non lo esalto e non lo demonizzo. Lo uso continuamente e lo trovo utile, a volte appassionante. Ma senza esagerare…

Così è per l’intelligenza artificiale, che finora non ho voluto giudicare perché non avevo mai provato a usarla in casi concreti, per lo meno nelle forme testuali. Qualche esperimento (non troppo avvincente) l’avevo fatto con i generatori di immagini ma speravo che con le parole se la cavasse un po’ meglio. Beh, non è andata così.

Dopo diversi esperimenti con piattaforme differenti (ChatGPT, Copilot, Perplexity) ho avuto la netta sensazione che l’IA sia ancora piuttosto scarsa in tre aspetti cruciali: pertinenza, forma e contenuti.

Inizierei dal problema più lieve, quello sulla pertinenza delle risposte che dà a specifiche domande. Ebbene, non c’è stata volta in cui, ponendo un quesito non generico all’IA questa mi abbia risposto a primo colpo. Inizia sempre con introduzioni non richieste e informazioni superflue che mi ricordano tanto il comportamento di certi studenti che, avendo imparato il libro a memoria, non riescono a rispondere a una domanda su un aspetto particolare se non cominciando dal generale, dall’inizio del capitolo, perché i contenuti nella loro testa si sono fissati in un ordine immutabile. Ecco un esempio.

Non vi riporto altri esempi, ma fa quasi sempre così. Sembra quasi che voglia dare prova di erudizione facendo il suo bravo temino e poi alla fine non risponde neanche alla domanda!

Da questo dialogo emergono anche la seconda e terza lacuna. Vogliamo dare un’occhiata alla forma? Non è proprio quella del temino scolastico? È pedante soprattutto la chiusura, con il riassuntino di quanto esposto in precedenza preceduto da locuzioni del tipo “In sintesi” o “In breve”. Tipico di questa scrittura un po’ sciatta è l’uso troppo frequente di aggettivi come “impressionante”, “geniale” e “straordinario”, termini usati quando non si sa scrivere nulla di più mirato e distintivo.

Il problema relativo ai contenuti, ovviamente è il più grave. In quella risposta l’IA asserisce che i fori sulla calotta esterna della cupola di Brunelleschi siano anche buche pontaie (ma non è così) e, addirittura, che da là entravano gli addetti alla manutenzione della cupola.

Per tagliare la testa al toro ho scritto all’Opera di Santa Maria del Fiore che nel giro di poche ore ha risposto inviandomi una preziosa ricerca del professore Roberto Corazzi che ha fugato ogni mio dubbio.

Ma ci sono altri casi ancora più eclatanti nei quali l’IA ha risposto con grande sicurezza dandomi però informazioni completamente false. Per fortuna conoscevo le risposte alle domande che avevo posto!

Avevo chiesto quelle notizie solo per avere conferma degli esisti delle mie ricerche online: se io consultando un certo numero di siti (valutandone anche l’attendibilità) avevo trovato alcune risposte, di sicuro un cervellone elettronico capace di immagazzinarne centinaia non poteva che darmi una risposta impeccabile. E invece no!
Riconosce l’errore solo dopo che glielo faccio notare. Chiaramente mi sono un po’ incaponita perché non mi capacitavo di quegli abbagli e ho continuato a fare domande “difficili”, alle quali però si trova la risposta in rete. 

Tutto questo mi ha spiazzata. Anche perché non era affatto difficile scovare le risposte giuste. Bastava fare una normale ricerca su Google o su qualsiasi altro motore di ricerca o semplicemente misurare direttamente su una mappa.

A volte gli errori escono fuori anche per la smania di esibizione culturale. In questo caso, ad esempio, l’IA si è voluta addentrare in qualcosa che non avevo richiesto infilandoci dentro una corbelleria dopo l’altra. E quando gliel’ho fatto notare è andata in tilt!

È chiaro che non è grave se qualcuno, fidandosi dell’IA, scriverà che Matisse aveva lo studio al 3° piano invece che al 4°. Ma se si trattasse di argomenti più rilevanti? Questioni legate alla salute, alla politica, all’economia? Come ci si può fidare?

Mentre una voce di Wikipedia è controllabile da tante persone e questa verifica incrociata riesce a limitare gli errori (ma ne restano sempre tanti…), chi controlla le risposte dell’IA e i testi che genera? Come mai risponde comunque, anche quando evidentemente non ha informazioni sufficienti o non le ha comprese?

A discolpa dell’IA va detto che tutto quello che ho scritto non è un’analisi condotta scientificamente né vuole essere esaustivo sull’argomento, dunque non posso generalizzare dicendo che l’IA sia totalmente inutile ma, nascendo da prove sul campo, da richieste dovute a reali necessità (al momento sto scrivendo di tutti gli argomenti che avete letto), e non da utilizzi o proposte astratte, credo che questi esempi possano essere un punto di partenza per riflettere sulle reali potenzialità di questo strumento e sull’opportunità di continuare a chiamarlo “intelligenza”.

***

Avvertenza: le immagini a corredo di quest’articolo sono state generate da me con l’IA usando il programma Adobe Firefly. Nel prompt ho cercato disperatamente di descrivere una signora che mi somigliasse ma avendo indicato “capelli bianchi” mi raffigurava come una novantenne… Ho rimediato scrivendo “giovane donna” ma a quel punto mi ha tolto una ventina d’anni! Prendeteli per quello che sono: esercitazioni decorative.

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9 risposte

  1. Carlo ha detto:

    …per dirla con Fiorello, siamo all’Ignoranza Artificiale…

  2. luisa ha detto:

    Buongiorno Emanuela.
    Ho provato anch’io ad utilizzare l’IA mettendola alla prova su argomenti a me abbastanza noti e le risposte non mi hanno pienamente soddisfatta. Ok, ci vorrà tempo e continuo a ripeterlo anche ai miei alunni….che la utilizzano spesso per i compiti assegnati a casa (i linguaggi “forbiti” non sono esattamente farina del loro sacco). Non è facile fargli capire che non tutto ciò che luccica è oro.
    Grazie per aver condiviso questa esperienza e le riflessioni, ne riparlerò nelle classi a settembre.
    Buona estate.

  3. Concordo con quanto ha scritto, l’IA semplicemente esegue una ricerca velocissima in tutti i siti web esistenti e rintraccia le parole chiave che gli servono per elaborare risposte “plausibili” ma non documentate da fonti certe. Ovvero “prende su di tutto” anche da siti o blog amatoriali e fa una sintesi tra varie migliaia di ipotesi e lo fa in una frazione di pochi secondi. Per noi umani servirebbero mesi!
    Ho personalmente sperimentato l’AI con una ricerca sull’esistenza di un dipinto di fine Cinquecento realizzato per le nozze di Ferdinando I de’ Medici e ho ricevuto diverse risposte che proponevano l’esistenza del quadro che risultava attualmente depositato o esposto, in sequenza alle mie varie obiezioni, in vari musei toscani ma nessuno di questi possiede tutt’ora quel dipinto specifico perché andato distrutto durante un incendio del 1623 del secondo piano di Palazzo Pitti.

  4. Jose Manuel Millera ha detto:

    Buon pomeriggio, devi stare attento con l’intelligenza artificiale che commette intenzionalmente errori in modo che vengano rilevati come generati da una macchina. Attualmente l’intelligenza artificiale è in fase di sviluppo e devono essere nutrite e ciò richiede tempo. Prova a chiedergli poesie originali su un argomento e ti sorprenderà, imita Neruda, Cortázar, …. tra un paio d’anni l’intelligenza artificiale sarà più sviluppata e logicamente ti costerà più soldi avere un’applicazione nella tua casa. Nell’arte è ancora agli inizi.

    • La domanda sorge spontanea… perché dovrei chiedere a un computer di scrivere una poesia?

      • Claudia Trevissoi ha detto:

        Buongiorno professoressa Pulvirenti,
        cosa le ha risposto il professor Corazzi riguardo ai 72 fori?

      • Non ha risposto a me direttamente: ho ricevuto il fascicolo di una sua ricerca relativa all’intera cupola, nella quale emerge che i fori (chiamati “occhi”) servivano per dare luce all’intercapedine e far circolare l’aria.

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