Una sedia storica e artistica, la savonarola
Oggi continuiamo l’esplorazione della cultura materiale delle epoche passate attraverso l’osservazione degli oggetti dipinti partendo da un’opera di Caravaggio, la Cena in Emmaus del 1601-1602 conservata alla National Gallery di Londra.
Tanti sono gli elementi analizzabili di questo dipinto (a parte lo straordinario evento che si compie davanti agli occhi dei discepoli e dell’oste e la luce divina che investe i personaggi): il tavolo infatti è un’intera natura morta con tanto di piatti, brocche, calici e cestini impagliati, per non parlare del tappeto orientale su cui è stesa la tovaglia…
Ma io mi voglio soffermare su un dettaglio meno evidente, sebbene posto in primo piano: la poltroncina su cui siede l’uomo di spalle, sulla sinistra. Si tratta di una “savonarola“, una sedia in legno con braccioli nata in epoca rinascimentale che prende il nome da fra’ Girolamo Savonarola (1452-1498) in quanto una di queste sedie si trovava nella cella del celebre monaco al Convento di San Marco a Firenze (il suo nome però verrà dato alla sedia solo nell’Ottocento).
Quella poltroncina, spartana e funzionale, è conservata ancora oggi nello studiolo.
La sedia è costituita da elementi in legno curvati approssimativamente a S tra loro paralleli e incrociati a forbice formare una X. Queste stecche sono unite in basso da due piedi trasversali (definiti piedi a corrente) e in alto dai braccioli. Completa l’insieme una traversa sagomata che unisce i braccioli e funge da schienale. Il sedile invece è formato da stecche orizzontali imperniate tra loro e collocate tra i listelli, sulle quali veniva in genere posto un cuscino.
Ecco un esemplare abbastanza ricco riprodotto nell’Ottocento con parti originali del XV secolo.
La sua particolarità è che si tratta di una sedia pieghevole, relativamente leggera e semplice da trasportare e conservare.
Ma come nasce questa curiosa seduta? Secondo gli studiosi deriverebbe dalla più semplice sella curulis dell’antica Roma, uno sgabello pieghevole nato come sedia da campo dei generali poi diventato simbolo del potere giudiziario (i magistrati infatti erano chiamati curuli). A sua volta questa sedia proveniva da un modello etrusco. Vari esemplari sono visibili nelle monete e nei rilievi funerari di età romana.
L’evoluzione successiva di età medievale sarebbe il faldistorio (dal tedesco Faltstuhl, ossia “sedia piegata”), un sedile vescovile sprovvisto di schienale, e utilizzato in quelle liturgie in cui non veniva usata la cattedra, spesso posto in una collocazione laterale rispetto all’altare.
In questo sgabello, specialmente nelle versioni in legno, lo snodo tra le gambe è spesso un elemento decorativo, dunque il sedile non può essere ripiegato.
Da qui si sarebbe poi passati nel Quattrocento alla savonarola vera e propria, diffusa soprattutto in Italia e Germania, con stecche intersecate e schienale in legno, oppure alla variante con due grossi elementi a X che tengono seduta e schienale in cuoio (ma in questo caso è chiamata Dantesca).
Una delle apparizioni pittoriche più antiche della savonarola si trova nella predella di Luca Signorelli con una scena di Annunciazione risalente al 1492-1496 conservata agli Uffizi. Invece di un trono marmoreo come negli esempi medievali, qui Maria siede proprio su una savonarola sulla soglia della sua casa.
Il dipinto, oltre a testimoniare la diffusione di questa sedia, svela anche l’attenzione del pittore verso la predicazione di Savonarola, il cui ritratto è stato inserito da Signorelli negli affreschi del Duomo di Orvieto realizzati tra il 1500 e il 1502.
Del 1503 è un’incisione presente nel Patria Historia Mediolani apud Alexandrum Minutianum, dello storico Bernardino Corio, in cui lo studioso è raffigurato seduto su una savonarola forse a suggerire i suoi tratti di sobrietà e rigore morale.
Da questa immagine si fa un salto di quasi un secolo per passare alla Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi, a Roma, dove Caravaggio ha raffigurato ben due savonarole. La prima in effetti non è più presente: si trovava nella prima versione di San Matteo e l’angelo, dipinta nel 1599 e sostituita con una versione differente realizzata nel 1602 (priva di savonarola) e infine distrutta nel 1945 nell’incendio della Flakturm Friedrichshain di Berlino, dove era conservata.
Qui sotto se ne può vedere una probabile ricostruzione cromatica (esistono oggi solo vecchie foto in bianco e nero). San Matteo siede sulla poltroncina lignea in una posa un po’ goffa mentre un angelo gli guida la mano nella scrittura del Vangelo.
La seconda savonarola si trova nella celebre Vocazione di San Matteo (1599-1600). Come nella successiva Cena in Emmaus, vista in apertura, la sedia è in posizione obliqua lungo il bordo sinistro, in questo caso avvolta dalla penombra. In entrambe le scene, però, si tratta di un arredo improbabile in una taverna del Seicento: la sua presenza potrebbe rimandare piuttosto al faldistorio, sia per il significato liturgico sia per la collocazione laterale che aveva nel presbiterio.
L’insistenza su questa sedia tuttavia lascia pensare che probabilmente Caravaggio ne avesse una di sua proprietà o che ce ne fosse una nell’abitazione del Cardinale Francesco Maria Del Monte (cioè Palazzo Madama) presso cui il pittore era ospite nei suoi anni romani.
La savonarola ricompare poco dopo nei dipinti di tanti caravaggisti, in particolare in due tele dell’olandese Hendrick ter Brugghen (1588-1629) che riprendono in maniera speculare la Vocazione di San Matteo e la Cena in Emmaus.
La collocazione invece è ancora a sinistra per la Cena in Emmaus di un altro olandese, Matthias Stomer (1600-1650), dipinta intorno al 1640.
Idem per la Cena attribuita a Paolo Antonio Barbieri (1603-1649) nella quale la savonarola è molto evidente.
Dopo questi esempi ispirati a Caravaggio la sedia scompare per un lungo periodo dai dipinti (e probabilmente anche dagli arredi domestici) per ricomparire nell’Ottocento, in corrispondenza di una nostalgica ripresa del Medioevo e del Rinascimento. Nello stesso periodo ne vengono create copie in legno estremamente decorate.
Tra i dipinti dell’epoca c’è la Lezione di musica dell’italiano David Sani (1828-1914) nella quale compare un liutista seduto sulla savonarola mentre sulla destra c’è un’altra sedia di foggia rinascimentale (così come il portale dietro il paravento giapponese e il leggio centrale).
Questo è il Recital all’organo dell’austriaco Erwin Eichinger (1892–1950) dalle atmosfere goticheggianti.
Quest’altro è il Corteggiamento del francese Frédéric Soulacroix (1858-1933), dipinto che fa il paio con il sottostante La proposta di matrimonio del 1890. In entrambi compare una bella savonarola con decori scolpiti.
Una scena galante è anche quella de Il segreto dell’italiano Giacomo Mantegazza (1853-1920) con una ragazza seduta sulla savonarola e un giovane che le porge una lettera.
Certo, è piuttosto paradossale che una sedia che porta il nome di un personaggio nemico del lusso e della frivolezza sia diventata secoli dopo il perno di scene sfarzose e sensuali. Ma è il destino di ogni cosa, incluse le opere d’arte, quello di assumere sempre nuovi significati con il cambiare delle epoche e delle società.