Visti di schiena, personaggi misteriosi nelle opere d’arte
Ho cominciato col Viandante sul mare di nebbia (1818) di Friedrich. Quando lo racconto a scuola spiego che è visto di schiena in modo che noi possiamo, dietro di lui, osservare lo stesso immenso panorama e provare il suo turbamento davanti all’infinito.
Poi ho continuato con il Violon d’Ingres (1924) di Man Ray, la donna-violoncello ispirata alle figure femminili di Ingres (ma in realtà è la sua amante Kiki de Montparnasse).
Dopo è stato il turno della Ragazza alla finestra (1925) di Dalì. Anche in questo caso davanti alla donna (la sorella del pittore) è un vasto panorama stavolta “addomesticato” dalla cornice della finestra.
Insomma, una dopo l’altra, ho cominciato a raccogliere le immagini di personaggi dell’arte visti di schiena chiamati tecnicamente Rückenfigur. E ne ho scoperti tantissimi; a volte unici protagonisti dell’opera, in altri casi presenti insieme ad altre figure rivolte verso l’osservatore.
Mi incuriosiscono. Non ne conosceremo mai l’identità, neanche quando sono davanti allo specchio perché – se il dipinto è di Magritte – continueremo a vedere di schiena anche il riflesso!
E se nel caso del pittore surrealista le figure di schiena non sono poi così frequenti, ci sono artisti che ne hanno fatto un vero e proprio tratto distintivo del proprio stile.
Uno di questi è il danese Vilhelm Hammershøi (1864–1916), autore di innumerevoli interni intimisti e delicati in cui si muovono silenziose figure femminili (spesso la moglie Ida) raffigurate rigorosamente di schiena.
Ovviamente si tratta di schiene diverse, artista per artista. Se per gli artisti romantici la figura vista da dietro ci consente di ammirare la vastità del paesaggio che hanno davanti, per altri autori è quasi una forma di preservazione dell’identità di una persona.
No, niente a che vedere con il moderno concetto di privacy, ma un modo per raccontare la vita di un personaggio senza disturbarlo, osservandolo quasi di nascosto… un po’ come gli eleganti e pensosi uomini di Gustave Caillebotte (1848-1894) affacciati alla finestra.
Agli stessi anni appartengono delle curiose fotografie di donne, uomini o bambini visti di schiena. Non è chiaro il motivo di questa posa dal momento che non c’è nessuna ambientazione come quelle dei dipinti visti fino ad ora.
In alcuni casi sembra lo scherzo di un fotografo che scatta una foto da dietro mentre i soggetti stanno posando per un altro fotografo davanti a loro. In altri casi sembra esserci il desiderio di mostrare la bellezza delle capigliature. Altre foto, però, sono del tutto incomprensibili. Puri divertissement.
Ma quando appare per la prima volta una figura di schiena nella storia dell’arte? La prima cosa che mi viene in mente è la donna centrale delle Tre Grazie: una fanciulla che, fin dall’età classica, mostra serenamente le terga all’osservatore.
Tuttavia ne possiamo sempre scorgere il volto di profilo per cui non resta del tutto anonima.
E poi quando riappare? Ad occhio e croce direi nel Medioevo. E, se non mi sbaglio, una delle prime figure è dovuta al solito Giotto.
Pittore di nuvole verosimili, di cieli azzurri, di notti stellate, di volti di profilo e di espressioni di pathos, è anche uno dei primi ad introdurre delle figure che danno le spalle all’osservatore, un piccolo espediente che crea profondità spaziale e un forte senso di realismo nella scena.
Avrà, però, poco seguito nel Rinascimento, periodo in cui la scena è accuratamente composta per una visione frontale. Qualche personaggio visto di dietro appare nella battaglie di Paolo Uccello (ma più per mettere in scorcio il cavallo che per mostrare il retro del soldato)…
… o negli schizzi di Michelangelo (stavolta per padroneggiare la potente anatomia della schiena)…
… oppure negli studi di Dürer come analisi della postura ed esercizio grafico.
Riprendono intensità e presenza i personaggi di schiena visti da Caravaggio. Qui ritorna il senso di una scena intima, osservata di nascosto.
Nella vocazione di San Matteo è di schiena il ragazzo a cavalcioni sulla panca, nelle due cene in Emmaus è l’apostolo seduto sulla sinistra e nella crocifissione di San Pietro è l’uomo a terra sotto la croce che più che la schiena ci offre un’ampia veduta del suo deretano!
Sempre seicentesca, ma completamente diversa, è la schiena della bella Venere allo specchio di Diego Velasquez (1599-1660). La Venere distesa, in effetti, non è una novità, ma quella di spalle non si era ancora vista (e avrà lunga fortuna).
La lezione del pittore spagnolo non si perde con il passaggio dal Barocco al Neoclassicismo. Troviamo, infatti, Jean-Auguste-Dominique Ingres (1780-1867) – l’ispiratore di Man Ray – che ci mostra tante languide e tondeggianti figure femminili viste da dietro.
La Bagnante di Valpinçon si offre in tutta la sua morbida sensualità alla luce calda che arriva da sinistra mentre ne Il bagno turco una donna in posizione simile suona un liuto seduta per terra.
Non poter vedere il volto di queste donne le rende ancora più intriganti e cariche di mistero.
Con Jacques-Louis David (1748-1825), intanto, era riapparso il nudo maschile come studio accademico d’anatomia. Ma non c’è nulla di freddo e artificioso in questo Patroclo. Le masse muscolari della schiena sono tanto espressive che la mancanza del volto diventa un fatto del tutto secondario!
Contemporaneamente, con la nascita del Romanticismo all’inizio dell’Ottocento, il nostro Caspar David Friedrich (1774-1840), quello del viandante, si esibiva in una grande varietà di personaggi di schiena: c’è la donna alla finestra (probabilmente ispiratrice di Dalì), c’è quella davanti all’alba, e poi gruppi di personaggi immersi in paesaggi di sublime bellezza.
Stessa natura sublime, ma terribile e spietata, è quella in cui si dibattono i naufraghi della Medusa nel dipinto di Théodore Géricault (1791-1824). Tranne i cadaveri e il rassegnato vecchio in primo piano, tutti gli altri personaggi sono visti di schiena a formare una piramide umana.
Restando nell’ambito dei pittori romantici manca ancora Eugène Delacroix (1798-1863). Nel suo caso i corpi visti di schiena più interessanti non sono dipinti ma incisi (1833) o fotografati (1854).
Sempre femminili (e poteva essere diversamente?) sono le figure di spalle dipinte da Gustave Courbet (1819-1877). Formose e ben tornite si immergono nell’acqua con grande disinvoltura.
Con l’Impressionismo e il Post-impressionismo la figura di schiena, prevalentemente femminile, non è più così estetizzante recuperando, invece, gestualità naturali e pose ordinarie.
Si può osservare in Edgar Degas (1834-1917)…
… e in Henri de Toulouse Lautrec (1864-1901).
Un genere diverso di umanità è quella disegnata da Vincent van Gogh (1853-1890). Lui di schiena rappresenta coppie di contadini, uomini dall’andatura dimessa e solo raramente nudi femminili.
Passando al Novecento ritroviamo Salvador Dalì (1904-1989) che, oltre alla già vista ragazza alla finestra, dipinge diverse volte la ragazza di spalle prestando particolare cura all’acconciatura dei capelli.
Non è ancora il surrealista che conosciamo tutti ma senza dubbio qualcosa di inquietante in queste immagini c’è.
Per il contemporaneo Wayne Thiebaud il personaggio di schiena sembra rappresentare l’incomunicabilità, la solitudine dei corpi (questa, almeno, è la sensazione che mi danno le sue immobili figure collocate su fondi senza spazio, quasi in punizione).
E un po’ tutte le figure di spalle del Novecento danno questa impressione. Non si ricerca più la bellezza di una schiena sinuosa e perfetta ma l’immagine di corpi scomposti, dinoccolati, a tratti deformi.
Forse solo le seducenti viste di schiena delle donne di Jack Vettriano riescono a comunicare il piacere per le forme. Certo, è una bellezza raffinata ma effimera, ma è quanto basta per far trionfare l’erotismo che per secoli la tela aveva solo accennato.
Immagini cinematografiche ben poco allusive, spalle e schiene osservate con l’occhio di un fine voyeur.
Ma in mezzo a tanto erotismo c’è anche il tema del viaggio, del mistero, dell’attesa, della solitudine. Temi che la fotografia del Novecento ha saputo cogliere egregiamente.
È come se la vista di schiena riuscisse a raccontare le emozioni più nascoste e le età della vita. Un percorso che può essere rappresentato solo con un’immagine: quella di due persone che si allontanano verso l’orizzonte.
Viste di schiena, naturalmente.
mi sono piaciuti grazie…
Bellissima analisi ♥️
Soprattutto quando accenna alla volontà dell’artista del ritrarre la figura senza disturbarla nella propria intimità. Grazie ancora.
Grazie, Silvia.
Complimenti per il sito. Molto interessante.
Potrei sapere il nome del dipinto e l’autore della donna con il vestito bianco seduta al pianoforte di spalle? Lo ho riprodotto per la didattica a distanza ma devo indicare il nome del dfipinto, l’autore, l’anno in cui è stato fatto e dove si trova adesso. Grazie
Ecco tutti i dati: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Chase_William_Merritt_Mrs_Meigs_At_The_Piano_Organ_1883.jpg
Un vero piacere leggere e vedere le sue ricerche . Una vena inesauribile!!!!!!
Grazie!
Bravissima, come sempre. Proporrei anche Raffaello e Tiziano
Cosa vuol dire intraprendere una direzione quando si è ragazzini! Ho fatto una scuola da disegnatore sì, ma meccanico. Nei disegni tutto doveva essere assolutamente chiaro e inconfondibile, seguire le norme UNI , gli spessori delle linee, il tratteggio… Per questo quando leggo le sue descrizioni la prima reazione é un “ma cosa riesce ad inv… interpretare questa di un paio di schiene!”. Però va a finire che non mi perdo un post dei suoi. E mi piacciono!
Ti ringrazio, Sergio!
Un’altra per la tua collezione:
Johann Heinrich Wilhelm Tischbein – Goethe alla finestra della sua casa romana
http://www.viaggio-in-germania.de/goethe-tischbein.jpg
Molto bello. Ce l’ho già nella mia raccolta di finestre su Pineterst.
Grazie per questo splendido lavoro , tantissimi complimenti e bon giorno di Bastia ,Corsica.
Grazie mille, Yvette
Bellissima analisi su questi quadri che tutt’ora per me sono dei dipinti da analizzare con attenzione perché hanno un fascino misterioso…complimenti! Io avrei aggiunto anche il quadro di Gustav Klimt “pesci d’oro” un cui viene rappresentata una naiade che,posta in primo piano,mostra il suo sedere 🙂
Grazie per l’apprezzamento e per il suggerimento, Carlotta!
siete fantastici!!!!!
Grazie Franco! (anche per il plurale 😉 )
http://www.doppiozero.com/materiali/ebook/luigi-grazioli-figura-di-schiena
Sarebbero ancora meglio se corredati da una bibliografia, sia pure essenziale…..!
Non c’è bibliografia perché questo non è un saggio ma un racconto 🙂
sito utilissimo, ben fatto. Complimenti.
Ti ringrazio, Roberto!
Non sono un addetta ai lavori, sono curiosa di tutto ciò che non conosco, quindi perennemente in cammino e con questi post mi sento presa per mano e guidata a nuove scoperte. grazie
Grazie a te! È bello scoprire questo effetto un po’ magico delle cose che scrivo 🙂
Bellissimo post: quanta vita si può scorgere o anche solo immaginare stando alle spalle di qualcun’altro… “Monaco in riva al mare” di Fredrich era la copertina della mia tesina di filosofia per gli esami di maturità; mi aveva colpito la piccolezza di quest’uomo a confronto con l’immensità, con il divino.
Grazie dell’apprezzamento. Anch’io amo molto Monaco in riva al mare. Il paesaggio e la figura sono essenziali, senza alberi, senza ruderi. Eppure è di un’intensità spettacolare!
Un grazie per il tuo lavoro! Sempre utile. volevo solo aggiungere che significativo, di passaggio tra un secolo e l’altro è l’affresco a Cà Rezzonico a Venezia (che ospita il museo del settecento) dipinto dal figlio di Gianbattista Tiepolo, il Giandomenico.
Qui i personaggi sono tutti di schiena e guardano l’orizzonte…il futuro…il nuovo secolo. Magnifico!
E’ un piacere ricevere i tuoi “percorsi” di arte, sempre pieni di spunti per noi insegnanti. Complimenti e buon lavoro Cinzia
Grazie anche a te Cinzia, una segnalazione preziosa 😀
Bellissima analisi. Ti sei dimenticata la drammatica Maddalena della Crocifissione di Masaccio…..per me è stupenda!
Grazie per la segnalazione. Non me n’ero ricordata…
La aggiungerò su Pinterest 🙂
Bellissimo post, originale e attento ai diversi effetti prodotti dalla scelta di questa ottica. Leggendolo mi è venuto in mente un altro bozzetto di Van Gogh visto ieri a Milano: una contadina chinata in avanti in una posa innaturale che rende tutta la fatica del suo lavoro, nei confronti del quale l’artista manifesta una forte compartecipazione. Alla prossima! 😉
Grazie Cristina! 😀