D’apres e citazioni d’arte
Copiare. Una pratica considerata disdicevole nella scuola e nella vita.
Ma se la copia non è plagio, anzi si arricchisce della personalità e dello stile del secondo autore, allora diventa espressione di creatività, diventa un “d’apres“, una citazione colta ed originale.
Lo hanno fatto anche i più grandi artisti senza che per questo la loro levatura ne sia stata diminuita. Persino un pittore introverso come Magritte si è dedicato, con non poca ironia, alla citazione dei grandi del passato.
Guardate cosa ha fatto alla povera Madame Récamier (1800) di Jacques-Louis David! Centocinquanta anni dopo la sua seduta di posa, la caccia dentro ad una bara in Stile Impero, mollemente adagiata sullo stesso divano récamier (esatto, il divano deve il suo nome all’elegante dama francese).
Stessa sorte paradossale hanno avuto i personaggi affacciati sul balcone di Edouard Manet (che a loro volta citavano alcuni celebri balconi di Goya).
Tuttavia questa vena irriverente nasce solo nel Novecento, con il Dada e il Surrealismo. In passato, infatti, la riproduzione dell’opera di un altro artista era compiuta solo per studiarla piuttosto che per crearne una nuova interpretazione.
È in questo senso che Lorenzo Lotto ridisegna la Cacciata dall’Eden di Michelangelo alla Sistina: non per “aggiornarla” ma per carpirne i segreti dell’originale composizione.
Lo stesso desiderio di imparare è presente negli infiniti studi di Van Gogh sui suoi illustri predecessori, Jean-François Millet in testa.
Negli stessi anni, però, Eugène Bataille realizza la prima reinterpretazione dissacrante della Gioconda con pipa in bocca anticipando di più di trent’anni la barbuta di Duchamp. Da là in poi sarà un diluvio di versioni rivedute e corrette dell’icona dell’arte per eccellenza. Non si tratta più, evidentemente, di imparare ma di liberarsi di un’eredità ingombrante.
“Che ci si vada in pellegrinaggio, una volta all’anno, come si va al Camposanto nel giorno dei morti… ve lo concedo. Che una volta all’anno sia deposto un omaggio di fiori davanti alla Gioconda, ve lo concedo…”, scriveva in proposito Filippo Tommaso Marinetti nel Manifesto del Futurismo.
Meno irrispettoso è, invece, l’approccio di Pablo Picasso. Per lui il passato non era zavorra ma pozzo da cui attingere per trovare ispirazione. L’abbiamo visto per Les Demoiselles d’Avignon e Guernica. In quelle opere, però, le citazioni sono velate, bisogna saperle riconoscere.
Non è il caso di tutti i suoi d’apres, dipinti dichiaratamente ispirati alle opere più famose delle epoche precedenti. L’esempio più noto è quello delle sue 58 versioni de Las Meninas di Diego Velàzquez dipinte nel 1957.
L’ha fatto anche con Le donne di Algeri di Eugène Delacroix (una delle versioni è stata recentemente venduta all’asta per un cifra da record!)…
… e per il Dejeuner sur l’herbe di Edouard Manet.
Negli stessi anni ha ripreso Velazquez anche Francis Bacon con una drammatica versione espressionista del ritratto di Innocenzo X.
Molto più delicata (e sensuale) è l’Estasi di Santa Teresa reinterpretata da Tamara de Lempicka…
Poi ci sono le rivisitazioni di Andy Warhol.
In queste non c’è sberleffo o aggiornamento stilistico. I capolavori di Leonardo, di Munch e di De Chirico vengono sottoposti allo stesso trattamento del volto di Marilyn o di Mao: ripetuti in modo seriale con campiture accese e uniformi come manifesti pubblicitari.
Prodotti per la massa, articoli da supermercato.
Concettualmente simili sono i remake di un altro grande della Pop Art come Roy Lichtenstein. Sotto le sue mani le cattedrali e i covoni di Monet si riempiono dei retini di stampa dei suoi tipici fumetti.
Di tutt’altro genere (molto divertente) sono i quadri “riordinati” da Ursus Wehrli. In che senso riordinati? Guardate un po’…
Oggi, dunque, la citazione è una pratica molto comune. Come scrivevo in un altro post, sembra dirci che l’arte del passato sia sempre contemporanea!
Anzi, ci sono artisti che fanno solo questo: rifare i grandi capolavori con le tecniche più strane. Bernard Pras, ad esempio, ricrea i dipinti più famosi usando qualsiasi oggetto d’uso quotidiano…
Alcune opere, in particolare le famose icone, sono molto gettonate. È così che possiamo trovare centinaia di notti stellate di Van Gogh ricreate con ogni materiale pensabile (e non ho messo quella fatta di pancetta!).
Certo, non tutte le reinterpretazioni hanno la dignità di un d’apres. Probabilmente non ne resterà traccia nella storia dell’arte…
Figuratevi che ne ho fatta una pure io! Ho riprodotto La Rotonda dei Bagni Palmieri di Giovanni Fattori con il collage. Un divertissement, più che altro.
Però farlo a scuola ha un’indubbia valenza didattica! Perché bisogna osservare l’opera, coglierne il senso, la struttura, il linguaggio e poi inventarne una “variazione sul tema“.
Giocare con l’arte, si sa, è il miglior modo per far appassionare i ragazzi. E di questo è maestra Miriam Paternoster con le sue classi di giovani artisti. Ecco la loro recente rivisitazione contemporanea della sempreverde Monna Lisa!
Qualcuno, sul web, ha protestato trovando scandaloso che si possano fare queste attività: “La Gioconda non si tocca!”, ho letto in un commento.
Beh, mi pare un atteggiamento troppo reverenziale… certo, non siamo tutti Duchamp o Dalì ma non danneggiamo l’opera d’arte se proviamo a reinterpretarla. Anzi, forse impariamo ad apprezzarla di più!
È con questo spirito che ho provato anch’io a far giocare i miei ragazzi (una quinta scientifico) con l’Urlo di Munch. Per lavorare sulla creatività, per sperimentare in quanti modi si possa declinare il celebre dipinto.
Ho visto tanto entusiasmo in classe, alla consegna dei lavori. Molte studentesse erano preoccupate che la propria tavola potesse sciuparsi. Sì perché ce ne sono alcune di pasta, altre di spezie, o di fili di cotone, di puntine da disegno, di stoffa, di riso, di fiori…
È chiaro che abbiamo studiato approfonditamente l’opera e la sua genesi. Dunque non abbiamo solo giocato con un quadro a caso. Però abbiamo usato fantasia, immaginazione… tutte cose che la scuola spesso tende a soffocare ma che, al contrario, sono la base del pensiero libero, critico, creativo.
Straordinaria come sempre
Ti ringrazio.
Complimenti sul serio per l’articolo!
Sono sicura che imparare la storia dell’arte divertendosi e mettendo alla prova anche la propria creatività sia il modo migliore per apprezzare fino in fondo la sua magia e per comprendere il suo grande valore.
Grazie per l’apprezzamento, Elena 😀
Sto preparando una tesina di maturità sulla citazione sia in arte che in letteratura e ti ringrazio per avermi dato tanti spunti che mi hanno anche aiutato a definire meglio il quadro (se mi passi il termine) generale del discorso, oltre alla parte riferita alla pittura.
Bell’articolo e complimenti a te e agli studenti per i bei lavori sul quadro di Munch!
Grazie Matteo!
L’urlo di Rossella a collage è bellissimo. 🙂 Un gran bel post. 🙂
grazie! Sempre ci informando di piú
http://www.agustincelis.com/id13.htm
Neanche all’ Accademia di belle arti del Peru’ abbiamo
avuto una insegnante come te, felicitaciones.
Davvero? Magari vengo a fare un salto da voi!
Grazie mille per l’apprezzamento 😀
…”imitatio emulatio”
Quanti incisori hanno “copiato” Durer? E certe volte è molto difficile riconoscere la copia dall’originale tanto è stato lo studio di colui che si è esercitato per apprendere la tecnica, per capire lo spirito dell’artista inventore e far suo il prodotto finale. Complimenti per lo stimolo che da’ ai suoi allievi, una simile insegnante non verrà sicuramente dimenticata e sarà sempre ricordata con affetto
Ti ringrazio Anna!
Bravissima, come sempre. Lo spirito giocoso credo che sia uno dei presupposti dell’arte. L’artista che si diverte anche giocando con le grandi opere che lo hanno preceduto sta entrando nel cuore della creatività. Picasso ne è la dimostrazione più lampante. La seguo sempre molto volentieri. Grazie.
Grazie per questa riflessione e per l’apprezzamento 🙂
credo che copiare un’opera d’arte sia la forma più essenziale dell’apprendimento di una tecnica pittorica, almeno per quanto mi riguarda,
buona giornata
donato
Lo credo anch’io! 🙂