Il vuoto che fa paura: l’arte dell’horror vacui
Siamo figli del Partenone. Non c’è niente da fare.
Il nostro metro di giudizio sull’arte di ogni epoca è rimasto fermo là, ancorato a quegli equilibri, a quelle proporzioni, ad un’armonia impeccabile di pieni e di vuoti.
Ed è con questa lente che abbiamo giudicato ogni forma d’arte successiva.
E abbiamo stabilito che è anticlassico tutto ciò che non rispetta il senso di misura che Fidia ci ha lasciato in eredità. È anticlassico tutto ciò che è sproporzionato, deforme. Soprattutto ciò che è eccessivo.
E tra i tanti peccati contro la tradizione greca quello più infamante è l’horror vacui. Il terrore del vuoto. Quasi una fobia patologica che porta lo sventurato artista a riempire in modo compulsivo ogni parte della sua opera per non lasciare spazi liberi.
Generalmente si data l’inizio di questa insana tendenza con l’arte delle popolazioni barbariche dell’età medievale, eppure gli esempi più antichi sono opera di scultori romani. Il sarcofago di Portonaccio (180 d.C.) è forse il caso più eclatante: una scena di combattimento talmente densa di personaggi da non riuscire più a cogliere il fondo del rilievo.
Non è da meno il Sarcofago Grande Ludovisi (300 d.C.). Anche in questo caso un scena di battaglia tra Romani e barbari. Anche in questo caso un ammasso di membra che riempie tutta la superficie.
A questi esempi sembra essersi ispirato Michelangelo per la sua giovanile Battaglia dei Centauri (1492). Un rilievo decisamente poco rinascimentale per la confusione di corpi di cui è composto.
A confronto il famoso Altare longobardo di Ratchis (737-744) sembra quasi un’opera classica. Eppure è indicato in ogni manuale come esempio di horror vacui per antonomasia. Giusto per quei quattro fiorellini che l’autore ha aggiunto per riempire gli sfondi troppo estesi…
Dello stesso periodo è il Vangelo di Lindisfarne (715), uno splendido capolavoro dell’arte della miniatura. Realizzato nel nord dell’Inghilterra dal monaco Eadfrith, contiene alcune incredibili pagine-tappeto riempite di minuscole decorazioni geometriche intrecciate; e ogni dettaglio ne contiene altri più piccoli… quasi un anticipo dei frattali.
Più che horror-vacui si direbbe amor-pleni!
Nella stessa epoca l’arte islamica si stava evolvendo verso una forma di espressione geometrica molto simile. Non per un espresso divieto verso la rappresentazione figurativa (che in realtà non c’è mai stato) ma perché la natura fortemente spirituale e contemplativa dell’Islam richiedeva un immaginario diverso, astratto e bidimensionale.
Se a queste premesse si aggiunge l’aver assorbito la precedente tradizione bizantina, anch’essa amante del decorativismo, ecco spiegati quei ricami di pietra o di colori che si distendono su ogni superficie.
Nel caso degli intarsi di maiolica non c’è nemmeno un riempimento ossessivo dello sfondo perché lo sfondo non esiste! Nel momento in cui si crea una tassellatura del piano, cioè la copertura con un modulo sempre uguale, ogni elemento è sia figura che sfondo e la sua possibile ripetizione illimitata riesce a rappresentare in modo visibile il concetto di infinito.
Più o meno lo stesso processo di riempimento totale che anima l’arte di M.C. Escher (1898-1972). Le sue tassellature fanno impazzire i nostri occhi: passiamo continuamente da una figura all’altra alla ricerca di una riposante distinzione tra figura e sfondo ma (aiuto!) non c’è modo di trovare un appiglio.
Ma torniamo al Medioevo. Abbiamo detto che l’horror vacui è un’espressione anticlassica. Allora dovremmo aspettarci di trovarlo nell’arte gotica visto che è quella più lontana dalla tradizione greco-romana (e per questo disprezzata in epoca rinascimentale tanto da meritarle la definizione di gotica, cioè barbarica).
E infatti c’è. Eccome se c’è! Ci sono portali trecenteschi traboccanti di sculture, ci sono volte che sembrano merletti, ci sono facciate incrostate di rilievi.
Ora si capisce come mai la Sagrada Familia di Antoni Gaudì (1852-1926) a Barcellona, e in particolare la facciata della Natività, sia così ossessivamente piena: perché dal Gotico, oltre al verticalismo, Gaudì ha colto tutta l’esuberanza decorativa!
Dal Gotico, naturalmente, si passa al Barocco saltando a pié pari gli artisti del Rinascimento: quelli là erano troppo presi dall’arte classica per apprezzare il tutto-pieno.
Nel Seicento, al contrario, torna questa coazione a riempire, questa passione per l’eccesso. Una sovrabbondanza che nasce anche dall’esigenza della Chiesa Controriformata di esibire la sua potenza e annichilire il fedele. Non si spiegherebbero altrimenti certi interni barocchi quasi soffocanti!
E poi?
E poi succede che nell’arte dei secoli seguenti non ci sia più traccia di un horror vacui paragonabile a quello barocco. Succede che bisogna aspettare la seconda metà del Novecento per trovare un’estetica che le somigli.
Ecco così Jackson Pollock (1912-1956) con le sue tele ottenute schizzando il colore fino a saturarne la superficie…
…poi c’è Arman (1928-2005), un collezionista-accumulatore che ammassa qualunque oggetto nelle sue cornici…
…c’è anche Jean Dubuffet (1901-1985) che, come un bambino che ha appena scoperto i pennarelli, satura ogni superficie con disegnini astratti e istintivi. Una specie di doodling d’artista.
Ricorda molto certe pareti metropolitane ricoperte di graffiti!
E forse è tra gli street artist che bisogna cercare i nuovi barbari (e in effetti è così che sono considerati!). Le attuali declinazioni dell’horror vacui sono quelle dei grandi murali di Keith Haring (1958-1990). Immagini che riassumono in un solo colpo l’estetica medievale e quella barocca.
La ripetizione del suo famoso pupazzino fino a tappezzare l’intera superficie lascia immaginare il bisogno, quasi primitivo, di controllare lo spazio, di vincere sul foglio bianco, sulla pagina vuota.
Ehi, ma somigliano ai graffiti rupestri del Monte Huashan, in Cina! Stesso omino schematico, stessa ripetizione ossessiva, stesso riempimento con altri segni geometrici…
Ma insomma, chi l’ha inventato l’horror vacui?
…l’ha inventato Dio! Sempre meravigliosi i tuoi “viaggi”. Grazie, Manu!
Ah ah ah… Grazie tesoro!
Dai un’occhiata a Magnus. Alcune tavole sono l’apoteosi dell’horror vacui. Sono trent’anni che, quando voglio perdermi, lo faccio nei suoi sovrabbondanti dettagli
Ok 🙂
Grazie è utilissima questa raccolta! Complimenti
Grazie a te.
immensamente brava! sempre di ispirazione. fortunati i ragazzi che ti hanno come insegnante grazie
Grazie a te, Francesca!
Chiedo scusa in anticipo per l’ignoranza. L’horror vacui può essere quindi considerato una espressione artistica o è soltanto una “forma mentis” che porta a riempire compulsivamente gli spazi vuoti? Grazie e complimenti per gli articoli sempre molto interessanti e soprattutto fruibili.
Mi piace pensarlo come un tipo di arte, più che come un atteggiamento con risvolti ‘patologici’. Per questo mi sembra più giusto chiamarlo amor pleni, dato che horror vacui ha una connotazione negativa che quell’espressione artistica non dovrebbe avere.
Ottima lettura! Grazie!
Complimenti!
Grazie, Daniela!
Grazie per le tue sapienti ” ragnatele” nel tempo e nel pensiero
Ti ringrazio, Silvana!
Bravissima e stimolante: fai nascere idee e riflessioni (l’horror vacui nella decorazione architettonica romana: https://www.facebook.com/groups/decarch/permalink/10153673060703994/ dove ti ho citato
Grazie mille, dell’apprezzamento e della citazione!
Ancora un articolo ricco , ben fatto e chiaro , complimenti!!!
Grazie!!!
ottimo articolo!
E’ innegabile che perlomeno quegli artisti si guadagnavo tutto la loro fama (e il loro stipendio, se così si può dire). Al contrario di certi contemporanei che si prendono gli stessi onori proponendo tele bianche macchiate e tagliuzzate….
Per fortuna l’arte non si misura a cottimo…
Complimenti,tutte le volte una scoperta e il piacere di leggere e imparare.
Grazie
Bravissimo articolo. Complimenti!
Lasciami fare una piccola annotazione. Il “retablo mayor” della catedrale di Siviglia, in Spagna, non è barocco, come sembra far capire il posto dell’imagine. Appartiene a uno stilo “tardo-gotico” molto decorativista, comune in Spagna negli XV- XVI secoli.
Un’altra volta, meraviglioso articolo! (scusatemi il mio povero italiano. Sono spagnolo)
Grazie, l’ho confuso con quello de La Asuncion di Navarrete. Correggo subito 🙂
Sempre molto interessanti i vari argomenti trattati.
molto interessante ! ultimamente nella composizione delle mie opere faccio più attenzione a non incorrere in questo “inconveniente” . Concordo con la difficoltà innata di accettare il vuoto che crea una forma di ansia difficilmente controllabile….
Non è detto che sia un inconveniente. È un modo di concepire lo spazio di rappresentazione 😉
Buon lavoro!
interessante! Grazie
Articolo interessante! Mi piacerebbe un confronto con l’espressione artistica giapponese nelle sue varie forme, che fa del vuoto elemento essenziale e preponderante, basti pensare ai giardini, o alle stampe calligrafiche. Cosa ne pensi?
Argomento affascinante, solo che l’articolo sarebbe diventato troppo esteso…
Qualche cenno all’approccio orientale l’ho fatto parlando di Lucio Fontana (che, come si diceva in un precedente commento, è l’opposto dell’horror vacui).
errata corrige:
…per finire in UN “vuoto ignoto”…
Allora bisogna dire che Fontana è stato coraggiosissimo in quanto non ha avuto paura di tagliare il “vuoto” di una tela per finire in “vuoto ignoto” (attenzione che non è una critica negativa, eh).
Un altro modo per affrontare l’horror vacui 😉
molto interessante!Brava. C’é sempre da imparare.
Ti ringrazio!
Bell’articolo! Come sempre molto stimolante. Ho pensato anche a Bosch e a Bruegel, alle loro opere fitte fitte di personaggi e di elementi di ogni tipo.
Grazie Marisa 🙂
Meraviglioso!
Come molti altri che hai pubblicato.
Bravissima
Grazie Mariapia!