Le città viste dall’alto, studiare l’urbanistica con GoogleMaps
Classe terza.
Rinascimento.
Tempietto di San Pietro in Montorio.
Edifici a pianta centrale nelle città ideali.
Città stellari in Italia.
Sforzinda e Palmanova.
Ecco, a questo punto capisco che i ragazzi non mi seguono più. Se parto da Bramante e arrivo alla forma delle città comincio a perdermeli per strada. Niente paura, con le immagini è tutto più semplice.
Tolgo Filarete dalla schermata e passo a Google Maps. La lezione continua.
Per ora restiamo al Rinascimento e alle città radiali. Sono disegnate secondo rigide geometrie, sono razionali e perfette come l’Utopia di Thomas More. Troppo astratte per prendere forma al suolo con strade e palazzi. A parte, appunto, Palmanova (provincia di Udine), si può dire che non ne esistano altre.
Pienza, ad esempio, sarà anche stata pensata nel Rinascimento, ma sorgendo in collina sul luogo di un borgo preesistente, non è molto diversa dalle cittadine medievali.
Eppure un altro esempio di città radiale in Italia esiste anche se non rinascimentale. È in Sicilia, in provincia di Catania e si chiama Grammichele.
Fu realizzata ex-novo dopo il terremoto del 1693 nel Val di Noto e presenta una struttura rigidamente esagonale. L’intento di razionalizzare gli spazi (anche come forma di prevenzione dei crolli in caso di altri terremoti) si sposa qui all’idea barocca di dare alla città un’impronta scenografica.
In verità io non trovo molto razionali le città stellari: per il mio scarso senso dell’orientamento le strade divergenti sono una rovina! Impossibile, per me, costruirmi una chiara mappa mentale e per raggiungere un posto finisco sempre col fare il giro più largo…
Forse non è un caso che la prima città “pianificata” che la storia ricordi sia Mileto, in Asia Minore, con la sua brava scacchiera di strade progettata dal greco Ippòdamo. Con le vie ortogonali è molto più difficile perdersi perché le direzioni possibili sono solo due (magari! io mi perdo lo stesso).
È un tracciato riconoscibile in tante colonie greche. Sempre in Sicilia, ad esempio, è evidente nei ruderi di Selinunte.
Questa impostazione è stata ereditata dai Romani. Il castrum, l’accampamento, era organizzato secondo una maglia ortogonale, così come le città fondate in tutto l’Impero. Basta osservare un sito archeologico qualsiasi per rendersene conto. Ecco, ad esempio, Timgad, la colonia fondata in Algeria da Traiano nell’anno 100.
Ma quel quadrato con isolati a scacchiera è ancora riconoscibile in tanti centri storici, con tanto di cardo e decumano, le due strade perpendicolari che attraversano la città nelle due direzioni.
È evidente a Firenze (l’antica Florentia)…
… a Torino (Augusta Taurinorum per i Romani)…
… e ad Aosta (Augusta Praetoria).
E dopo l’urbanistica romana?
Con le invasioni barbariche del Medioevo la popolazione si rifugia sulle colline dalle quali è più facile scorgere l’arrivo del nemico. Ma è difficile dare una maglia ortogonale ad una città edificata su un’altura e nata in modo abbastanza spontaneo. Le pendenze non lo consentono. Più facile è assecondare le curve di livello attraverso percorsi che seguono la morfologia del terreno.
Il classico borgo medievale, dunque, presenta strade tortuose e spesso molto strette (un centro abitato compatto era più difficile da espugnare).
A scopo difensivo è nata anche Venezia. Durante il Medioevo, infatti, le genti minacciate dai barbari sulla terraferma si rifugiarono su quegli isolotti di fronte alla costa edificando pian piano la città che conosciamo. Nessuno schema urbanistico geometrico, ovviamente, ma una crescita che asseconda le forme naturali del luogo.
Molte città di impianto medievale sono rimaste inglobate negli ampliamenti del XIX e XX secolo. Ma dalle immagini satellitari risultano perfettamente riconoscibili, senza necessità di evidenziarle dallo sfondo come ho fatto per i nuclei di età romana.
Alcuni centri storici rivelano anche le dominazioni locali. In Sicilia, ad esempio, molte città hanno ancora un impianto di tipo islamico (gli Arabi furono nell’isola dall’827 al 1072). Questo si manifesta in una gerarchia di strade sempre più strette passando dal pubblico al privato, con andamento spesso a gomito e una fitta trama di cortili che creano un’immagine ‘spugnosa’ dell’abitato.
A Mazara del Vallo il centro è chiamato ancora, con termine arabo, kasbah.
La medina di Tunisi (cioè il quartiere più antico) ha lo stesso tipo di tracciato viario: labirintico, denso, completamente differente dalle espansioni dell’ultimo secolo, lineari e di ampio respiro.
Fino all’Ottocento la maggior parte delle città è rimasta quella dei secoli passati, stretta nella cinta muraria. Ma con la prima rivoluzione industriale e il conseguente fenomeno dell’urbanesimo, le città si ingrandiscono a macchia d’olio. Molte demoliscono le mura che le chiudevano fin dal Medioevo, altre le conservano e si ampliano al di fuori di queste.
Al secondo caso appartiene Lucca. E a ben guardare, oltre alla cinta muraria, conserva anche la forma dell’anfiteatro romano, trasformato in une bella piazza ellittica.
Al primo caso, invece, appartengono la maggior parte delle grandi città. La necessità di organizzare lo spazio in modo efficiente ha portato al recupero dello schema ippodameo con piccole varianti.
È successo, ad esempio, alla città di Barcellona. Qui l’ingegnere Ildefonso Cerdà progettò un immenso ampliamento basato sulla ripetizione della ‘manzana’ un modulo quadrato di 113 m di lato dagli spigoli smussati. L’incontro di quattro smussature crea una piazza ad ogni incrocio.
Guardandola dall’alto appare evidente come la città abbia cambiato completamente fisionomia rispetto al fitto tessuto storico davanti al porto.
A Parigi è andata diversamente. Già molto ampia, fino alla metà dell’Ottocento conservava ancora un tessuto urbano sostanzialmente medievale. Problemi di insalubrità ma anche manie di grandezza portarono Napoleone III ad intraprendere grandi lavori di ammodernamento.
Il progetto del prefetto della Senna Georges Eugène Haussmann ha portato allo sventramento dei quartieri storici in modo spesso brutale, con il taglio dei grandi boulevards. Dalla vista aerea è evidente che le strade portanti spesso non hanno relazione con gli isolati preesistenti e li tagliano in modo quasi casuale.
Con occhio attento si può leggere tutta la storia di una città, dalle origini al contemporaneo, solo osservandone la vista planimetrica.
Palermo, ad esempio, è un vero campionario di strutture viarie. Si può individuare il ‘piede punico’ cioè il primo insediamento fenicio, e poi alcune insulae di età romana, la crescita medievale, l’espansione araba, il perimetro murato con le tracce dei bastioni, i tagli barocchi e l’esplosione ottocentesca a griglia ortogonale.
È chiaro che si possono evidenziare due tendenze opposte nella storia dell’urbanistica: una ‘razionalista‘, che prevede l’imposizione di schemi geometrici e linee rette quasi a voler imporre il disegno umano sul terreno, un disegno astratto e funzionale; una ‘spontaneista‘, basata su un modello di crescita organico, simile a quello degli esseri viventi, che dialoga con il territorio e ne diventa parte integrante.
Tra questi non c’è un modello buono e uno cattivo. Entrambi hanno vantaggi e difetti e spesso sono contemporaneamente presenti nei nostri centri urbani.
A questo punto non c’è voluto molto, per i miei alunni, a riconoscere nei loro paesi le zone più antiche, le loro caratteristiche morfologiche e l’impatto dell’urbanizzazione più recente sulle delicate dimensioni dei centri storici.
Le viste dall’alto, però, non riservano solo interessanti scoperte di storia e di urbanistica. Possono svelare, purtroppo, anche le disuguaglianze sociali e la devastazione dei territori. Ne sono un chiaro esempio le foto scattate con un drone dal fotografo statunitense Johnny Miller per il suo progetto Unequal Scenes.
Siamo in Sudafrica. Quelle scatoline quadrate e grigie sono le baracche delle bidonville. Le altre, manco a dirlo, sono le ville unifamiliari dei ricchi. Due mondi separati da una strada o da un fiume.
Ma è la foto satellitare notturna dell’intero pianeta ciò che mostra in modo macroscopico le trasformazioni operate dall’uomo. Le concentrazioni urbane sono evidenti dalle macchie luminose. La dispersione di luce verso il cielo è un chiaro riflesso dell’immenso consumo di energia dei paesi ricchi o ‘in via di sviluppo’ (ma se ‘sviluppo’ vuol dire prosciugamento delle risorse stiamo freschi!).
Insomma, senza voler scomodare i grandi problemi ambientali e sociali del mondo, credo che sia importante insegnare ai ragazzi ad osservare la realtà nelle sue rappresentazioni e comprenderne il senso oltre le apparenze. Anche questa è lettura delle immagini e non è molto differente da ciò che si dovrebbe fare davanti ad un’opera d’arte.
Che poi, se vogliamo allargare un po’ le maglie, non è anche la Terra un’opera d’arte?
ciao,ho notato che nelle città a pianta a scacchiera manca la mia che è Belpasso ed ogni isolato è 50metri per 50
Ciao Salvatore, le città che ho inserito sono solo esempi per spiegare come si possa usare Google Maps per lo studio. Non vuole essere una casistica completa delle piante delle città italiane, altrimenti ne mancherebbero all’appello davvero tante.
Interessante post e buoni spunti per un apprendimento tramite pc.
A scopo didattico suggerisco di invitare i suoi allievi a cercare l’Oasi di Porto (non lontano da Fiumicino (Roma). Si scoprirà con Google map l’esistenza di uno straordinario lago esagonale, in realtà un antico porto disegnato da Apollodoro di Damasco, lo stesso della Colonna Traiana.
Grazie del contributo, Rolando.
Che meraviglia! però per quanta bellezza l’uomo possa generare dalla sua mente immaginifica, non può essere paragonato a ciò che la natura ha prodotto spontaneamente. Il rapporto con la natura è toccante, commuove fino alle lacrime, mentre quello con l’arte è intrigante, affascinante, suggestivo.
😀
Ho cominciato a seguirla grazie a Zanichelli, trovo le sue lezioni e la sua ricerca in generale uno stimolo continuo, L’ho conosciuta lo scorso venerdi’ 10 Marzo a Treviso.
Complimenti per il Suo lavoro di qualita’.
Ti ringrazio tanto, Renato!
Quanta Sicilia! Grazie per i continui stimoli che mi dai Emanuela. Sono una prof siciliana che momentaneamente insegna a Genova. Questo è di sicuro un modo efficace e alternativo per far conoscere la mia Sicilia ai miei ragazzi..e per conoscerla meglio anche io! a presto e grazie per il tuo ottimo lavoro. Ti seguo sempre!
Lo so, sono di parte… ma è più forte di me 😉
Ti ringrazio Pamela!
articolo interessantissimo!
Grazie e tantissimi complimenti!!!
🙂
Una lettura interessante che spinge ad usare google maps non solo per curiosare ma anche per approfondire e acquisire consapevolezza del territorio.
Complimenti
Una lezione meravigliosa. Davvero appassionante. Grazie
Grazie!
excelente manera de conocer ciudades bellas diseñadas con y desde el arte
Come in altri casi non è di stimolo solo agli studenti . Grazie
Mi fa piacere, Dino 🙂
Grazie Gabriella. È vero, le immagini di Yann Arthus-Bertrand sono suggestive e sconvolgenti.
Sempre post straordinariamente ben fatti e che insegnano a vedere il mondo da altre visuali che riservano molte sorprese. Grazie e Buona Estate.
Grazie mille!
bellissimo stimolo per “vedere” !! Nel caso della mia città (Rimini) scoprire dettagli con occhi diversi- grazie –
Grazie per l’apprezzamento Marino!
breve ma rilevante. brava!
Grazie mille, Pablo
Excellent article, merci. Il pourrait déboucher sur une maquette imaginaire au plus simple et une carte d’orientation pour cacher un trésor ou un lieu sacré…
ancora una volta un articolo bellissimo. Grazie Emanuela. Magari riuscissi ad usarlo almeno in parte a scuola…
Grazie a te Carlo. Avendo una lim e una buona connessione non è difficile fare ogni tanto un salto su Maps. È un tipo di esperienza che manca ai ragazzi, per questo li cattura molto!