Tre tipi di capitello? Molti di più!
In principio era la colonna. Un fusto di legno issato dall’uomo per sostenere una trave che reggeva un cielo basso e piatto.
Ma la colonna e la trave si univano in maniera troppo netta e sgraziata. Allora l’uomo inventò il capitello. E appena vide che era una cosa buona si divertì a fabbricarne decine e decine. Tutti diversi.
Dunque, non solo dorico-ionico-corinzio come abbiamo imparato a scuola… anche perché i primi capitelli non sono quelli greci. Le civiltà dei grandi fiumi (Egizi e popoli mesopotamici) avevano già creato i loro fantasiosi esemplari.
Di quelli persiani restano pochi pezzi ma già molto originali: a forma di doppio toro o grifone, sorreggevano la trave attraverso una mensola trasversale passante tra i due animali. Appartengono all’Apadana, la grande sala ipòstila del palazzo di Dario il Grande a Persepoli.
A confronto quelli egizi sono delle robette minimali e delicate. D’altra parte sono ispirati alle piante del Nilo, mica a dei massicci bestioni! Nei grandi templi dell’antico Egitto si può osservare, tra i tanti, il capitello a papiro chiuso o aperto, a fiore di loto e anche a foglie di palma.
La colonna e il suo capitello vengono concepiti, dunque, come una versione pietrificata delle forme naturali. Un’idea che avrà grande successo nei secoli a venire!
Completamente diversi sono i capitelli minoici. Quelli del palazzo di Cnosso a Creta, sebbene ampiamente restaurati dall’archeologo Arthur Evans nel primo Novecento, sono curiosamente bombati e sormontati da una lastra quadrata (esatto, come l’echìno e l’àbaco del famoso capitello dorico…).
La colonna, rarissimo caso nella storia dell’architettura, è rastremata verso il basso, cioè il suo diametro diminuisce alla base. Forse questa caratteristica deriva dall’iniziale uso di tronchi d’albero come colonne, montati capovolti per evitare che germogliassero e quindi più sottili alla base. Qualche studioso ipotizza invece che questa forma rimandi alla sagoma del corpo maschile (che si allarga in alto verso le spalle). Inizierebbe da qui l’idea di far corrispondere le proporzioni delle colonne a quelle della figura umana.
Dal capitello minoico a quello dorico il passo è brevissimo.
Ma anche il più diffuso capitello greco ha una sua intima evoluzione: l’echino floscio e ampio dei templi più arcaici diventa in età classica sempre più stretto e turgido (con conseguente rimpicciolimento anche del soprastante abaco).
Naturalmente, assieme alle proporzioni del capitello, cambiano anche quelle dell’intera colonna e del tempio. Gli ordini architettonici, d’altra parte, erano proprio questo: un sistema di relazioni numeriche tra le parti che doveva garantire, appunto, l’ordine e l’armonia complessiva.
Nel passaggio all’architettura romana il capitello dorico subisce un’ulteriore evoluzione: l’echino, non più a forma di tronco di cono rovescio, assume una sagoma toroidale ed è separato dal fusto da un doppio collarino. È l’ordine tuscanico, una versione del dorico di origine etrusca con la colonna a fusto liscio posta sopra una base (sarà quella preferita anche nel Rinascimento).
Prende le mosse dal capitello dorico anche quello ionico. Non varia la sequenza collarino-echino-abaco ma tra gli ultimi due c’è un cuscino a volute che lo rende molto più aggraziato.
Apparso nel VII secolo a.C. in Asia Minore ebbe grande fortuna dal V secolo in poi differenziandosi in una sterminata quantità di varianti. Ciò che resta fisso sono le due spirali laterali, elementi di ispirazione vegetale disegnati, però, con grande rigore geometrico (tipico esercizio grafico detestato cordialmente dai miei studenti…).
Quello ionico è un elemento architettonico talmente riconoscibile che nella segnaletica stradale per le zone archeologiche (non solo per i siti magnogreci) c’è proprio un pittogramma con il capitello a volute.
Eppure non è un oggetto tanto semplice. Quando si trova ad angolo, ad esempio, ha sempre dato parecchie rogne agli architetti greci. Perché le volute sono concepite per una visione solo frontale dato che il lato è un elemento cilindrico (il rocchetto). La soluzione angolare, prevede dunque una voluta disposta a 45° in modo che entrambe le facce esterne del capitello si presentino con la doppia spirale.
I Romani, invece, con il loro tipico pragmatismo, hanno creato per queste situazioni un capitello ionico senza rocchetti e con le volute tutte a 45°. Furbi, loro!
L’origine del terzo capitello greco – ma il meno diffuso in Grecia – è legata a una leggenda. Si narra, infatti, che lo scultore Callimaco abbia inventato il capitello corinzio ispirandosi alla tomba di una giovane fanciulla sulla quale stava un cesto pieno dei suoi oggetti più cari avvolto dall’acanto, una pianta spontanea dalle grandi foglie frastagliate.
In realtà il capitello corinzio è una derivazione del capitello egizio a fiore di loto. Composto da un nucleo avvolto da due file di otto foglie, è coronato in alto da quattro caulicoli, sottili steli ripiegati a voluta nei quattro angoli. È fastoso e imponente; e per questo motivo sarà il capitello più utilizzato nell’antica Roma.
Come quello ionico, anche il capitello corinzio è il tipico soggetto per esercizi di disegno. E in questo caso è ancora più difficile, perché la geometria può aiutarci poco. Ma è un ottimo allenamento per imparare ad osservare i dettagli e cogliere le proporzioni complessive.
Eppure per i Romani doveva apparire ancora troppo sobrio se hanno deciso di crearne uno nuovo, il composito, sommando le foglie del corinzio e le volute dello ionico.
La corrispondenza tra le proporzioni degli ordini classici e quelle del corpo umano, già accennata per la colonna cretese, è stata studiata scientificamente da Vitruvio, l’architetto romano del I secolo a.C.
Nel suo trattato De Architectura vede nell’ordine dorico virilis corporis proportionem et firmitatem et venustatem (proporzioni, solidità e bellezza del corpo marchile), nello ionico muliebri subtilitate (snellezza femminile) e nel corinzio virginalis gracilitas imitationem (ad imitazione di un sottile corpo virgineo). Dunque anche le colonne, e i loro capitelli, hanno un sesso. Il dorico è maschio, ionico e corinzio femmine.
Con il passaggio all’architettura paleocristiana non ci sono grandi stravolgimenti. Il capitello, questo oggetto capace di raccordare armonicamente l’orizzontale e la verticale, il muro e la colonna, è ancora quello classico. E in alcuni casi lo è in senso letterale dato che in tante chiese primitive venivano utilizzati materiali sottratti direttamente ai templi pagani.
È in età bizantina che si trovano i primi capitelli del tutto differenti. A forma di tronco di piramide rovesciata, sono spesso sormontati da un secondo elemento, della stessa forma, detto pulvino. Il capitello presenta decorazioni di ispirazione vegetale ma in questo caso non sono foglie scolpite in bassorilievo ma tralci geometrici forati col trapano. L’effetto complessivo è quello di delicato ricamo applicato ad un oggetto tozzo e massiccio. Un vero ossimoro di pietra.
Qualcosa di nuovo stava cominciando ad apparire anche nell’architettura islamica. Accanto ai capitelli compositi di spoglio ne appaiono altri di forma squadrata dalla superficie animata di nicchie e decorazioni a traforo. È la stessa matrice orientale visibile nei capitelli bizantini.
Ma i capitelli più fantasiosi in assoluto sono probabilmente quelli romanici. Mostri, animali, personaggi biblici: dall’anno 1000 in poi in cima a una colonna si può trovare di tutto!
Tutta quest’esuberanza subisce una botta d’arresto con il Gotico: capitelli così ricchi e robusti avrebbero interrotto le linee verticali che dai pilastri a fascio si diramano verso le volte. Si torna, così, a capitelli più semplici, di ispirazione corinzia giusto per dare un segnale visivo nel passaggio dal pilastrino alla nervatura.
Manco a dirlo, con il Rinascimento c’è un recupero scientifico degli ordini classici. I trattatisti si buttano a capofitto nella misurazione e catalogazione di colonne e capitelli. Serlio, Scamozzi, Vignola e Palladio codificarono i cinque ordini con uno zelo che nemmeno Vitruvio…
Niente di sostanzialmente nuovo nemmeno in età barocca: come sappiamo gli ordini classici sono ripresi nelle loro forme più pompose. Dunque colonne tortili e capitelli compositi diventano il tratto distintivo dell’architettura più scenografica della storia dell’arte.
Per trovare di nuovo un po’ di fantasia occorre aspettare l’Art Nouveau e il suo gusto per le forme organiche. Tra Gaudì, Horta e gli altri architetti dell’epoca, assistiamo a un’evoluzione improvvisa del capitello: diventa giunto, nodo che raccorda elementi diversi senza opporre angoli retti. Ne viene fuori quel senso di fioritura spontanea delle forme come piante in libera crescita che è tipico del Liberty.
Ma lo sbocciare dei capitelli ha breve vita. Con l’arrivo del Razionalismo tutto si riduce a scheletro essenziale. Ogni elemento non strettamente funzionale è abolito. La colonna è un cilindro che sostiene un solaio senza alcuna mediazione.
Il capitello è morto? Parrebbe di sì.
Eppure anche Le Corbusier, autore di alcune tra le più asettiche architetture del Novecento, sembra volerlo recuperare (anche per motivi statici…). Negli edifici che progetta per Chandigarh, in India, il pilastro è sormontato da un tronco di cono rovesciato. Un capitello allo stadio zero.
L’altro filone del XX secolo, quello dell’architettura organicista, è altrettanto minimale. Alvar Aalto, addirittura, crea un anti-capitello: la colonna, rastremata verso il basso come quella minoica, si arresta prima dell’incontro col solaio lasciando a nudo la sua anima metallica. Anche una strozzatura, dunque, diventa capitello!
E oggi? Tra forme decostruite e nuovi organicismi il capitello sembra aver fatto il suo tempo. I sostegni si fondono con la copertura senza soluzione di continuità.
Eppure… eppure anche nell’architettura contemporanea un capitello ogni tanto ci scappa. Certo, asimmetrico e tecnologico. Ma se accompagna la colonna nell’innesto con il soffitto è pur sempre un capitello.
Insomma, pare che dorico, ionico e corinzio abbiano fatto il loro tempo. Però un capitello non si rifiuta mai!
Non ho mai capito se le foglie d’àcanto del capitello corinzio siano la vista superiore o quella inferiore della foglia naturale, e sì che in giardino ho due cespugli di àcanto rigogliosissimi…
È la pagina inferiore della foglia, che si rigira verso l’esterno in cima al capitello, ma naturalmente è una stilizzazione.
Di una semplicità disarmante.. mia figlia di 10 anni ha divorato il tuo articolo…quando l’arte è comunicazione..
Fantastico! Grazie a entrambe 😉
Si, davvero un articolo bello, esauriente e ben scritto!!
Davvero un bel viaggio in questo racconto lezione, complimenti.
Ti ringrazio!
grazie per la Sua impeccabile esposizione; Le sarei grato se volesse dedicare le Sue ricerche anche alle “colonne annodate” , altro sublime modello architettonico e condividerle con i lettori.
lg
Grazie dell’apprezzamento e del suggerimento, Luciano. Spero di avere tempo…
Articolo molto interessante e chiaro! GRAZIE
Che piacere passare qualche momento sul tuo blog !
😀
Cara Emanuela, sono un vecchio ortopedico con la passione della biomeccanica che ho cercato di insegnare molti anni fa ai miei allievi. Ho ammirato la precisione il tuo articolo sul capitello e ho voluto aggiungere qualcosa di mia competenza.
Il capitello è stato inventato dall’uomo per unire la colonna al trave non soltanto per amore di bellezza ma per scaricare le sollecitazioni del trave su una superficie troppo piccola rappresentata dall’estremità della colonna. La prova è l’osteofita. Nelle radiografie del ginocchio artrosico si nota la presenza di neoformazioni ossee che deformano (da cui artrosi deformante) il profilo dell’estremità ossea di un’articolazione che sono definite: osteofiti. Esse sono prodotte dall’organismo che si difende dagli eccessi di carico conseguenti a traumi o ad altre forme patologiche che alterano l’equilibrio articolare. Gli osteofiti hanno il compito di allargare la superficie di carico in modo da diminuire lo stress, in altre parole diminuire i Kg per unità di superficie. Lo stesso scopo del capitello.
Giorgio Graziati
Paragone perfetto. Con le colonne di legno dei primi templi era necessario inserire un elemento con le fibre in orizzontale per distribuire il peso della trave ed evitare lesioni nella testata.
Una bella pagina in cui linguaggio e immagine si fondono perfettamente.
Leggerla mi dà un piacere grandissimo. Unica la sua eccellente e ricca documentazione. C’e una raccolta di queste lezioni in cartaceo?
Grazie!
Grazie dell’apprezzamento, Aldo. No, al momento sono solo qui sul blog. Ma forse ne farò un libro prima o poi.
per me sei un punto di riferimento. grazie
Grazie a te
Bellissimo connubio tra Matematica e Arte, grazie del prezioso articolo!
che bell’articolo! Complimenti ad Emanuela Pulvarenti. Studio storia dell’arte e questi articoli sono molto stimolanti, ed anche un pó diversi dai soliti pezzi su riviste specialistiche di Arte!
Grazie mille, Gabriela
articolo fantastico, un argomento talmente semplice da passare inosservato , spiegato in maniera sintetica in modo da far ricordare le varie differenze di stile e di epoca,complimenti davvero
Mille grazie, Paolo e benvenuto!
Grazie mille 😀
scusate ho sbagliato a scrivere sito web, che in realtà sarebbe solo il profilo instagram https://www.instagram.com/paolo_turco/
Interessante e completo come sempre, questo nuovo post a tema “capitello ” !( i miei preferiti sono quelli romanici , a proposito ) . posso chiedere se i tuoi alunni li leggono? ne parlate poi mai in classe? partecipano anche loro alla stesura dei post qualche volta? magari ad altri, non su questo blog… grazie da una neo-prof. della materia !
In genere li leggiamo in classe, proiettati sulla lim, in modo da poterne discutere insieme. Quanto a partecipazione ai post lo fanno con i loro lavori che io pubblico nell’articolo (ma non con i testi).
Naturalmente sarebbe interessante creare un blog scolastico a cura delle varie classi: una versione digitale dell’antico giornalino di classe…
Buon lavoro e grazie dell’apprezzamento!
Dopo che ho letto il tuo profilo ho capito perché i tuoi post sono cosi diversi come stile e altri meriti, da altri simili che trattano arte dell’immagine, è il fatto che, tranne la cultura artistica, possiedi anche la cultura scientifica.
Però il blog ha una pecca che non so spiegare: non vedo discussioni accese tra i utenti oppure commenti consoni la tema del post, vedo soltanto commenti che glorificano con merito lo scritto ed autore.
Caro passante, non vedo perché dei racconti d’arte debbano suscitare “discussioni accese tra gli utenti”. Ci sono già i social per polemizzare sul nulla 😉
Va ben, proviamo adesso a fare “discussioni accessi”.
Polemizzare e discutere sono due concetti completamente diversi, tra loro sono diversi come il bene e il male. E se vedi bene io ho detto “discussioni” e non “polemiche” come te. E in più ho detto, cosa più importante, anche “commenti consoni con la tema del post”, che tu hai tralasciato.
Per esperienza so che non raramente succede che certi commenti, compreso anche commenti dell’autore del post, sono sopra il livello del post. Questo anche per merito della natura della rette, immediatezza stimola improvvisazione, intuizione ecc.
Gentile passante, non capisco il senso e il fine del tuo commento, spiacente.
La tua mente è meravigliosa Emanuela…
Fausta! ❤️
Magnífico. Un repaso muy completo por la Historia del Arte. Felicidades.
¡Gracias!
E’ un link veramente bello.
Grazie, carissima! ❤️
Tra pochi giorni ho l’esame di storia dell’arte e questo sito è diventato il mio manuale. Grazie mi piace che mettete sempre dell’ironia in mezzo e cosi diventa facile per il cervello concentrarsi.
Allora buona fortuna! e grazie dell’apprezzamento 😉
Che bello! Semplice e discorsivo…ti ringrazio e complimenti!
😀
Incantato ad ogni lezione e rammaricato di rendermi conto di quanto profonda è la mia ignoranza di fronte a tanti eccelsi capolavori che da solo con i miei occhi non riuscirei a vedere. Grazie!
Grazie a te, Ermanno
Sono sempre estasiata quando guardo questi blog: complimenti!!!
Grazie
E tu che tipo di capitello sei?
Uno di quelli cistercensi, semplici e geometrici
assolutamente il piacere di scoprire e riscoprire !!
🙂
Complimenti!
Il blog è molto ricco di informazione, ha molto stile nella spiegazione e con molto freschezza.
Dopo il complimento, una richiesta dai ultimi banchi:
– Maestra, è possibile una lezione per El Greco?
Prendo nota… anche se ce ne sono tanti in lista d’attesa.
Grazie per l’apprezzamento!
Non ho parole per elogiare quanta bravura e conoscenza .
Grande capacità di spiegare l’arte in genere con un italiano comprensibile e alla portata di chiunque comune mortale .
Continuo con piacere ed interesse leggere sempre i suoi , da me definiti ,”saggi” .
Complimenti ancora
Ti ringrazio, Rodolfo!
I tuoi articoli sono delle vere e proprie perle, e i tuoi alunni sono proprio fortunati ad averti come insegnante….Grazie per il tuo lavoro e la condivisione!
😀
Che dire? Una miniera di informazioni, come sempre. Davvero complimenti!
Grazie mille!
Grazie sono sempre speciali queste lezioni
❤️