Davide e Golia tra pennello e scalpello

Un ragazzino che sconfigge un gigante. Gioca d’astuzia, lo uccide scagliandogli una pietra in fronte e lo decapita con la sua stessa spada. Morale della storia: l’intelligenza, la virtus, vince contro la forza bruta.

Un episodio biblico dall’esito prevedibile. Eppure da un racconto così ordinario sono scaturite centinaia di interpretazioni che di volta in volta hanno sottolineato un aspetto diverso della vicenda. Una storia parallela a quella di Giuditta e Oloferne sia nei significati che nell’iconografia.

Come quella storia anche questa comincia ad essere rappresentata nel Medioevo, sui codici miniati.

davide-medioevo

È interessante confrontare queste immagini con il testo del primo libro di Samuele. Gli autori delle miniature, infatti, si sono attenuti alla fonte in modo fedele e didascalico. Si legge, infatti, che il filisteo Golia “era alto sei cubiti e un palmo. Aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza a piastre”. Di Davide (in ebraico David), invece, si dice che era un ragazzo, troppo giovane per entrare nell’esercito e ancor di più per accettare la sfida del gigantesco avversario degli Israeliti.

Old Testament miniatures, MS M.638, fol. 28v, Samuel

Ecco perché Golia ha la corazza e Davide è un ragazzino con la tunichetta: troppo fragile per sopportare il peso di un’armatura, se n’era spogliato ed era andato incontro al colosso armato solo di fionda e di cinque ciottoli raccolti nel fiume e conservati nella bisaccia.

Il momento raffigurato è sempre quello dell’azione: quando Davide lancia un sasso verso la testa di Golia o quando, sottratta la spada al nemico ucciso, va per sgozzarlo (caspita, quanta violenza nella Bibbia!).

In alcuni casi le fasi salienti della storia sono raccontate tutte, come in un fumetto. Le Bibbie illustrate, d’altra parte, erano molto diffuse: chi non sapeva leggere poteva comunque conoscere i testi sacri guardando le figure (più o meno quello che faccio anch’io quando compro un libro nuovo).

davide-miniatura

Naturalmente non è di virtus che si parla. Nella lettura dell’episodio fatta da Sant’Agostino, il giovane Davide è “armato non di spada ma di fede”. Nel Medioevo, dunque, il significato è tutto religioso. È nel passaggio al Rinascimento che l’interpretazione assume un tono più universale e laico.

Il primo della serie è opera di Donatello. Si tratta di un David in marmo, del 1408, dalle proporzioni slanciate ed eleganti. Molto diverso dalla scultura in bronzo che tutti conosciamo. Questa, del 1440, ci mostra un personaggio più vicino al ragazzino biblico ma del tutto nudo, come un dio olimpico. E forse, secondo alcuni, non rappresenta David ma il dio Mercurio con la testa del gigante Argo sotto il piede. Si spiegherebbero così il cappellino a punta e i calzari che indossa.

La figura mostra un chiasmo perfetto, quella postura delle statue greche che dà al corpo un andamento a S molto naturale ed equilibrato. Insomma, l’amore rinascimentale per l’arte classica stava già lasciando il segno!

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Un altro segno dei nuovi tempi è il momento scelto da Donatello. Non più l’azione sanguinaria, come nelle miniature medievali, ma quello successivo che vede David trionfante con la testa del gigante ai suoi piedi. La superiorità morale del vincitore è adesso il vero tema.

Tante sculture successive riprendono il bronzo di Donatello con quel braccio sul fianco e la spada, piccola o grande, ancora in mano.

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Il gusto per il macabro, comunque, non scompare: una delle formelle della porta del Paradiso di Lorenzo Ghiberti (1425-1452) mostra il giovane eroe nell’atto di mozzare la testa di Golia. Il momento più sanguinario dell’intero episodio. Forse perché fa parte di una più ampia scena di scontri tra le due fazioni opposte…

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Su uno scudo di Andrea del Castagno (1450) e in un monocromo di Andrea Mantegna (1495) David torna ad essere rappresentato dopo il momento cruciale, orgoglioso della sua vittoria.

Non che nutrisse dubbi sul suo esito… al re Saul che non lo credeva all’altezza della sfida il ragazzo aveva dichiarato: “Il tuo servo [riferito a se stesso] custodiva il gregge di suo padre e veniva talvolta un leone o un orso a portar via una pecora dal gregge. Allora lo inseguivo, lo abbattevo e strappavo la preda dalla sua bocca. Se si rivoltava contro di me, l’afferravo per le mascelle, l’abbattevo e lo uccidevo. Il tuo servo ha abbattuto il leone e l’orso. Codesto Filisteo non circonciso farà la stessa fine di quelli, perché ha insultato le schiere del Dio vivente”. Un vero spaccone, il giovane David!

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Visti i precedenti, il David più famoso della storia dell’arte appare assolutamente innovativo! Quello di Michelangelo (1501-1504), infatti, non è ritratto durante o dopo il feroce scontro, ma subito prima. Concentrato, impassibile, forse sta ascoltando le provocazioni di Golia: “Fatti avanti e darò le tue carni agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche”.

E forse ha già dato al gigante la sua risposta: “Io ti abbatterò e staccherò la testa dal tuo corpo e getterò i cadaveri dell’esercito filisteo agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche”.

Non c’è che dire: un dialogo tra gentiluomini…

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Ma l’apparente calma di David, sottolineata da un equilibratissimo chiasmo in stile Doriforo, è tradita da alcuni particolari: le vene che pulsano sul dorso della mano, la fronte corrugata. David è nervoso ma non vuole darlo a vedere.

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La tensione perfettamente controllata è forse ciò che ha reso davvero grande questa statua. Voluta dai Fiorentini come simbolo della loro potenza, è diventata oggi un simbolo dell’arte ripreso nei contesti più vari. Dalle campagne pubblicitarie (anche di cattivo gusto)…

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… alle reinterpretazioni in chiave contemporanea.

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david-laocoonteDi lì a pochi anni, però, Michelangelo comincia ad abbandonare le pose statiche di memoria classica. La scoperta a Roma del gruppo ellenistico del Laocoonte nel 1506 è una rivelazione. La torsione, il pathos, il dinamismo lo conquistano.

Quando riprende l’episodio di David sulla volta della Sistina (1509) si ricorda di quelle figure che si avvolgono nello spazio e sceglie di rappresentare l’attimo prima della sciabolata.

Quasi un Discobolo prima del lancio, David ferma la lama in aria per scagliarla su un Golia tramortito ma ancora vivo.

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Degli stessi anni sono due versioni più rinascimentali per armonia della composizione e idealizzazione dei personaggi. Cima da Conegliano (1505) raffigura  David che va a spasso con la testa in mano dentro un paesaggio incantato; Giorgione (1510), con un’inquadratura più ardita, mostra solo il busto del giovane eroe (con un’imprevista corazza) e la testa in primo piano, già del colore dei cadaveri.

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Ma la versione della Cappella Sistina ha subito conquistato schiere di ammiratori. Daniele da Volterra (noto come Braghettone per via del suo compito di ‘mutandare’ i nudi di Michelangelo) si ispirò proprio a quei corpi e a quelle posture per una scena simile su un quadro bifacciale (1555).

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E tante incisioni cinquecentesche echeggiano di quello stesso attimo…

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Tiziano, invece, sceglie un momento diverso e un’inconsueta vista dal basso (1542-44). David con le mani giunte in preghiera ringrazia il Signore in direzione di uno squarcio luminoso tra le nubi. Un gesto assente dal racconto biblico ma di grande efficacia narrativa.

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Ma i David più suggestivi dovevano ancora arrivare. Sono tre, tutti di Caravaggio.

Il primo, giovanile, è del 1597. Conservato al Prado, mostra David chino sul corpo di Golia nell’atto di legare la testa mozzata con una cordicella. La luce è già la sua: come un occhio di bue scende netta sui personaggi lasciando al buio ogni altra cosa.

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Nel 1606 torna sullo stesso soggetto con la tela conservata a Vienna. Stavolta di David si vede solo mezza figura, la spada posata sulla spalla con nonchalance e la testa tenuta in avanti per i capelli. Il ragazzo ha l’aria stanca e rassegnata quasi a voler dire “È un lavoro sporco, ma qualcuno lo deve pur fare!”.

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La terza tela, oggi alla Galleria Borghese di Roma, nasconde tutto il dramma esistenziale di Caravaggio.

Nel 1606 l’artista ha commesso un omicidio. È condannato a morte, braccato in ogni luogo. Per cercare di ottenere la grazia dal papa invia al Cardinale Scipione Borghese un dipinto raffigurante “David con la testa di Golia” (1609), il terzo appunto. Una versione simile alla seconda ma molto più intensa.

Il giovane David guarda con severità e al contempo con compassione al capo mozzato che tiene in mano; il gesto è sicuro e risoluto e la testa grondante sangue ma con gli occhi ancora sgranati (come la giovanile Medusa) viene offerta al fascio di luce come triste trofeo. E per manifestare in modo inequivocabile il proprio pentimento, Caravaggio ritrae se stesso nel volto di Golia decapitato (la stessa morte che lo attendeva) e traccia sulla lama della spada la sigla H-AS OS, acronimo del motto di Sant’Agostino “Humilitas occidit superbiam” (l’umiltà uccise la superbia).

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david-perseo-celliniIl secondo e il terzo quadro ricordano il Perseo di Benvenuto Cellini con la spada in una mano e la testa di Medusa protesa in avanti con gesto trionfante. Ma la somiglianza è solo nella postura; il significato, infatti, è del tutto differente. La sofferenza, il tormento, unisce qui vincitori e vinti.

Naturalmente, come tutte le opere di Caravaggio, anche le tele dedicata a David hanno fatto scuola. L’orrore reso ancor più crudele dal contrasto tra luce e ombra influenza ininterrottamente gli artisti del Seicento. Il feroce realismo, però, è smorzato dalle pose studiate e teatrali dei personaggi, quasi messi in posa per mostrare l’esito dell’impresa.

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Il gesto è compiuto. Lo sguardo è assorto e a volte dubbioso.

In altri casi torna il momento del colpo di grazia. Torna in Guido Reni (1606), dove un ragazzino solleva a fatica la spada verso un cielo tenebroso. E torna in Rubens (1616), dove David è invece un uomo muscoloso e spietato.

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david-michelangelo-ignudoMa soprattutto torna con Bernini il momento precedente al tiro della pietra (1623). Lo stesso scelto da Michelangelo per la sua colossale scultura. Stavolta però David non è fermo e pensoso ma si avvolge su se stesso in un moto a spirale bloccato dallo scatto repentino dello sguardo in direzione opposta, verso il nemico.

Questa rotazione nello spazio, che ricorda le posture di alcuni titanici ignudi di Michelangelo (artista verso il quale Bernini provava grande ammirazione), può essere percepita solo osservando la scultura a 360°.

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Non è più esempio di virtus, ma simbolo di una visione drammatica del mondo, intrisa di incertezza verso il futuro.

Non durerà molto, questa visione metaforica dello scontro tra Davide e Golia. Passando al Settecento, al Rococò, del giovane campione resta un’immagine luminosa ed elegante. Come se adesso, a vincere, non sia più la fede o l’intelligenza, ma la bellezza.

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Col passare degli anni l’interesse degli artisti per questo soggetto diminuisce progressivamente. Restano pochi casi legati più allo stile e agli interessi dell’autore che alla sensibilità di un’epoca.

C’è un sorprendente Degas che, dopo un viaggio tra Roma e Firenze dove ammira i David di Bernini e Donatello, si dedica dal 1857 al 1865 a riprendere scene bibliche anticipando quelle composizioni dal taglio fotografico tipiche del suo periodo impressionista.

Nel quadro dedicato a David, il giovane è preso di spalle, ancora prima del lancio con la fionda. Il gigante è lontano, piccolo, sfocato. Non c’è enfasi né trionfo. C’è l’incertezza di uno scontro impari e i toni scuri di un dramma che si deve compiere.

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Molto più scontata e retorica è, invece, l’incisione di Gustav Dorè (1866) con il corpo del gigante nella tradizionale vista di scorcio e il giovane David che mostra la testa al suo popolo.

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La vetrata del preraffaellita Edward Burne-Jones (1872) rivela, invece, gusti medievaleggiante ma gesti da scena di danza…

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Nel Novecento la lotta tra Davide e Golia scompare quasi del tutto. Se ne occupa Marc Chagall tra il 1935 e il 1956, periodo in cui si dedica in modo quasi esclusivo alle illustrazioni di scene bibliche. “La Bibbia è la fonte cui hanno attinto, come in un alfabeto colorato, gli artisti di tutti i tempi”, amava dire.

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E di questo alfabeto colorato Chagall ci racconta la decapitazione di Golia con immagini lievi, disegni di bambini capaci di trasformare l’orrore di cui è intriso il vecchio testamento in una favola della buonanotte.

Un modo per suggerirci che non esistono buoni e cattivi, ma solo uomini che le circostanze portano su strade divergenti.

 

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27 risposte

  1. Priscilla ha detto:

    Bellissima ricerca! Grazie Emanuela, sei di grande ispirazione per la didattica!

  2. Arcangela ha detto:

    Sempre più interessanti questi articoli a tema su soggetti specifici della storia dell’ arte, visti e descritti con uno sguardo attento alle particolarità.

  3. Paolo ha detto:

    Una osservazione sul dipinto di Tiziano: basterebbe ridipingere la parte del braccio sinistro di Golia nascosta dalla gamba destra di David per passare da un piccolo ragazzo che uccide un gigante a due persone di uguale grandezza lontane tra loro viste attraverso un grandangolare.

  4. Aldo ha detto:

    I miei complimenti per questo sito e questi contenuti!!

  5. Serafina Nardo ha detto:

    Grazie, cerco di trasmettere ai miei ragazzi l’amore per l’arte e per farlo bisogna sapere e studiare sempre ! Le sue lezioni le trovo coinvolgenti e preziosissime!!! I suoi post sono tiventati le mie letture quotidiane preferite. Complimenti e grazie ancora

  6. Daniele ha detto:

    Ottimo pezzo, ricco di spunti come sempre! 🙂

    Riguardo le interpretazioni di questo episodio biblico, mi permetto di suggerire la visione di questo TED talk di Malcom Gladwell, non aggiungo nulla per non spoilerare: https://www.youtube.com/watch?v=ziGD7vQOwl8

    Mentre riguardo al David di Michelangelo suggerisco questo splendido articolo apparso sul NYT quest’estate: http://www.nytimes.com/2016/08/21/magazine/davids-ankles-how-imperfections-could-bring-down-the-worlds-most-perfect-statue.html
    Oltre a raccontare in dettaglio la storia del David si parla di un problema strutturale nella statua che potrebbe compromettarla (e la mancata prevenzione mi ha lasciato allibito pensando a cosa potrebbe succedere, tra l’altro poco dopo l’uscita dell’articolo c’è stato il terremoto in centro Italia).

  7. Renzo Indiogia ha detto:

    Come sempre molto interessante e chiarificatore il confronto dello stesso tema iconografico trattato dai vari artisti nei secoli.
    Ti ringrazio dei tuoi lavori a cui attingo a piene mani con le mie classi del liceo scientifico.

  8. clotilde giurleo ha detto:

    Meravigliosa, bravissima, come sempre ! L’argomento per me è stato particolarmente interessante perchè sto leggendo il libro di Geraldine Brooks , L’Armonia segreta, su David del quale, l’autrice, in una presentazione del libro, dice di aver subito il fascino a seguito delle opere d’arte viste sul personaggio.
    Una domanda : di chi è la scultura accanto al David di Cellini ?
    Grazie per la risposta e comunque per questi bei momenti che . grazie a Lei , godo !

    • Ciao Clotilde e grazie dell’apprezzamento.
      Se ti riferisci al Donatello in bronzo, all’inizio dell’articolo, quello accanto in marmo è un altro David sempre di Donatello.

  9. Marino Calesini ha detto:

    ok come sempre un piacevole appuntamento

  10. Michele ha detto:

    Grazie per questa intensa e totale immersione artistica in un ‘archetipo’ sul quale gli artisti dovrebbero tornare, perché sempre d’attualità.

  11. Michele ha detto:

    Mi chiedo perché noi pittori moderni non riusciamo più a esprimere sulla tela questi racconti mitologici

    • Credo che le avanguardie abbiano fatto tabula rasa di tutto: linguaggio e soggetti. E nonostante il valore metaforico sempre attuale dei racconti biblici o mitologici l’episodio andrebbe comunque ‘aggiornato’ rischiando comunque che l’osservatore non ne colga il senso.

  12. sileno ha detto:

    Sempre più ammirato davanti alla ricchezza culturale che generosamente doni con i tuoi post, di qualsiasi argomento si tratti lo completi sempre in maniera esauriente; ancora una volta grazie.

  13. Gaspare ha detto:

    Resto sempre affascinato dalle interpretazioni, in questo caso artistiche, di “avvenimenti” che hanno, nel trascorso del tempo, accumulato “fantasie e immaginazioni popolari”, un gioco che porta l’arte a esprimersi in modo davvero sublime.
    Prezioso articolo, Emanuela, grazie.